Quando un artista dichiara cose tipo “in questo disco sono davvero me stess*” mi viene da chiedere: e negli altri chi era? Questo genere di concetto è efficace per un titolo, ma secondo me dice poco o niente sulla musica. Siamo così ossessionati dalla distanza, pure in un mondo nel quale abbiamo migliaia di modi di comunicare con altre persone, ché anziché concentrarci su come metterci in contatto con gli altri, veniamo rapiti da queste idee di contatto che - comunque - è filtrato da un lavoro artistico: non è che l’artista improvvisamente comincia a citofonarti sotto casa. Forse è per questo che il concetto di “documentario senza filtro” è diventato così popolare e scontato.
Però, se una banalità simile la pronuncia Billie Eilish (in un’intervista a Rolling Stone USA) io mi preoccupo, perché lei banale non è mai stata. Alla fine la musica aiuta a uscire da sé: nel teatro musicale si ripete l’adagio, “quando non riesci a dirlo, cantalo; quando non riesci a cantarlo, ballalo”. La musica è una forma di trascendenza, come vedremo. Intanto, tu schiaccia play sulla New Music Pucci aggiornata (anche su Apple Music).
St. Vincent, All Born Screaming
Il problema di Daddy’s Home non era la messinscena, la finzione, il filtro. Il disco del 2021 di St. Vincent, per me, è andato così-così non per ragioni di concept, e nemmeno per la scrittura (dammi altre Candy Darling e non mi lamento): il casino stava nel mischione lounge, che non regge più di tanto; e in certe scelte, per esempio far suonare la batteria a Jack Antonoff, uomo privo di groove. Ora, legittimamente Annie Clark inquadra il suo nuovo abum, All Born Screaming, come un lavoro urgente e personale, che ha a che fare con la morte e la mortalità. Ma secondo me, se suona molto meglio del predecessore, è perché la musicista texana se l’è fatto da sola, ragionando come un produttore d’altri tempi (o di quelli bravi, o con un budget): circondandosi di musicisti ottimi. Tipo, alla batteria, dove il disco prima era carente, qui abbiamo: Josh Freese (il nuovo Foo Fighter), Mark Guiliana (Blackstar), Stella Mozgawa (Sharon Van Etten, Courtney Barnett) e Dave Grohl. E si sente. Ma non è tutto qui, ci mancherebbe.
Dopo un inizio morbido, dalla metà di Reckless arrivano le mazzate. Abbiamo tutto il repertorio vincentiano: dinamiche pazze (Broken Man); riffoni (Flea); canto blues in contrappunto e call & response; acuti. Ma ci sono anche sottigliezze: il synth di Big Time Nothing ti spettina i peli delle braccia; il senso generale di decadenza e fine del mondo (Pompei) “not with a bang but a whimper” di Violent Times è fenomenale e appropriato; la title-track è un tripudio ossessivo di linee melodico-ritmiche, break, slogan ma anche un arazzo di tante timbriche (vetrose, gommose, lanuginose, rugose) che farebbe invidia sia a David Byrne, sia a Trent Reznor.
Ci sono anche dei passi falsi. Alcuni fanno notare, per esempio, che il “tributo” a Sophie di Sweetest Fruit non sia di ottimo gusto. Però non gliene faccio una colpa. In un’intervista al Guardian Clark dice che questa canzone parla delle “persone che aspirano alla trascendenza, e quantomeno fanno un tentativo onorevole, provano a raggiungere qualcosa di bello”. Letto così, come esercizio di empatia, il disco gira diversamente e si merita un secondo ascolto.
Cos’altro è uscito
Anche questa settimana, nella playlist New Music Pucci troverai alcune tracce da dischi usciti nelle settimane di pausa (vedi sotto: In questa playlist troverai anche brani da) e qualche singolo sparso (ma chi li ascolta ancora i singoli?). Intanto, ecco qualche brevissima parola sugli altri dischi usciti ieri, a parte quello di St. Vincent.
Dopo la prima traccia, uno spiritual lisergico che apre le porte di un processo di illuminazione sui mali del mondo e del sé, Let’s Start Degeneracy dei Microwave per me si apre nella canzone Ferrari con queste parole: «In una Ferrari di vetroresina, alimentata dal puro disprezzo della gioia, me ne stavo a sfumare il contorno tra freelance e disoccupato, da qualche parte lungo il piano dell’immanenza, gridando nel vuoto. Solo un idiota può vederci una differenza, e comunque non ha scelta». Sentirsi attaccati, un sabato pomeriggio. Il disco è meraviglioso, liquido ed elettrizzante: il suo scopo è cercare di trovare una via di uscita dall’autosabotaggio a cui ci sottoponiamo cercando di cambiare ogni cosa con il conflitto, un po’ come l’ultimo album dei Vampire Weekend ma meglio.. Ascoltalo, anche se non ti frega niente del post-hardcore, fosse solo per le enormi aperture melodiche di pezzi come Bored of Being Sad.
Nonetheless dei Pet Shop Boys è un disco del quale si parlerà soprattutto per via delle affermazioni di Neil Tennant a proposito di Taylor Swift: «dov’è la sua Billie Jean?» ha detto, e pochi hanno capito il senso. Il disco è carino: ci sono 4-5 canzoni (tipo Loneliness, Feel, The Secret of Happiness) che uniscono efficacemente synth-pop vaniglinato e suoni orchestrali, dando la consistenza di un muffin a questo concept sull’invecchiamento e la fine della rilevanza, svelato in A New Bohemia (ah ma allora il discorso su TS aveva senso!).
Altri album
😬 Confidenza OST di Thom Yorke [synth jazz ambient; tensione mille; Skinner e LSO]
😌 Light Verse di Iron & Wine [folk felice; duetto con Fiona Apple; legno e barba]
🤷♂️ Hyperdrama dei Justice [house sbadiglio; lounge funk; ballo lento no, ballo forte no]
🗿 Teething dei Porij [dance jazz pop queer; cerebrale ma onesto; setoso e legnoso]
🛣️ Dennis di Sega Bodega [trance, R&B, suonerie nokia, psych; enigma; viaggio]
💥 BONK! (EP) di Sen Morimoto [alt pop soul gommoso; sentimento jazzato; weird]
💧 So Sorry So Slow degli Adult Jazz [avant rock da camera; tempi dispari; frammenti]
🐸 Frog Poems di Mister Goblin [post-folk-punk; racconti di vite storte; lacrimini]
⏳ Time Is Glass di Six Organs Of Admittance [psych industrial folk; ho visto la luce]
💔 Hovvdy degli Hovvdy [slo-fi pop folk; chitarre e tastierini zozzi; sincero ma lungo]
🍮 Affection di Bullion [alt pop morbidoso; eclettico buffo trasognato; ottimi feat]
🌀 New Age Rage di Eric Slick [strambo synth-funk; post-modernismo magico; melodie]
🚗 Night Songs dei Joyer [slowcore shoegaze; armonici e distorsioni; guidare di notte]
🏞️ The Falls Of Sioux di Owen [emo folk; redenzioni e cadute; la voce di Mike Kinsella]
🫨 Behold delle Parsnip [lo-fi indie rock; caos power-pop; humor e introspezione]
🛌 No Place That Feels Like di Ellis [indie folk bridgersiano; chitarre e synth lenzuola]🏃♀️➡️ Lawn Girl di Mandy [noise rock confidenziale; bubblegum sporco; grezzo melodico]
🐈 Mimi dei Corridor [post-punk ipnotico; psichedelia e francofonia; paura di crescere]
🇧🇷 Novela di Céu [tropicalismo e soul funk; arrangiato da Adrian Younge; crushinha]
🐻❄️ Forgiveness Is Yours dei Fat White Family [post-punk + chanson malata; sexy; crudo]
👹 Object Permanence di Gabe 'Nandez & Wino Willy [alt rap; notte fonda; mitologia]
😟 Oolong degli Oolong [midwest emo e math rock; tutto matto; da urlare; lunghino]
Italo dischi
Il disco italiano che merita un inchino questa settimana è Closer di Maria Chiara Argirò. I singoli sono usciti quasi tutti nel periodo di pausa di questa newsletter: peccato, perché avrei senz’altro segnalato l’opener Light, che fa interagire in modo intelligente intelaiature armoniche arpeggiate synth-pop con inserti e incisi jazz, regalando miriadi di piccole sorprese che senti qui (indica il cuore). Il che è un’ottima introduzione non soltanto alla palette timbrica dell’intero disco (tanto elettronica quanto jazz), ma al suo messaggio nel complesso - trasportare nella realtà l’indescrivibile sensazione di essere in un sogno. Ora, questo può portare facilmente a banalità, ma non è il caso di questo album. E credo che sia perché la composizione e la produzione (molto precise, tutt’altro che casuali) abbracciano il senso di libera associazione di simboli e immagini che si esperisce nel sogno. Il risultato sono tracce che sembrano vive, che si muovono e respirano non come strutture architettoniche ma come animali e piante, pronte ad adattarsi in ogni momento.
Nelle tracce migliori si ha la sensazione che un giro d’accordi o un pattern di drum machine siano essi stessi dotato di un’anima. Prendi September, dove un’idea melodica dà il via a una mutazione continua, fino all’ultima battuta. O Sun, dove una molecola ritmica genera diverse idee di accompagnamento. «It’s all a game, some rules are made for breaking», dice in Game, e si attiene a questo ethos. Un gran bel lavoro, da tenere a mente per le liste di fine anno.
Cito anche Devo parlarne con mio padre, EP di LUCA COI BAFFI, che fa qualcosa che non mi pare di aver incontrato prima: prendere la melodia 60s e buttarla nella polvere in mezzo al mosh pit. È emo punk italiano, non emo punk in italiano. Fa baccano, è saturo, ha alcune imperfezioni, ma va bene così. Non cambiare.
🤨 Sulla riva del fiume di Willie Peyote [indie rap cinico e funky; nostalgia 2017]
⬛️ Nelle nere densità del parco di Querva [urban stoner post-punk; epica per cause perse]
🌷 Tutto bene di EDODACAPO [indie pop malinconico; begli arpeggi; Bologna e ansia]
Ma qualcuno ancora li ascolta, i singoli?
Nel caso ci sia ancora qualcuno affezionato a questa antiquata forma di distribuzione musicale, io sto recuperando anche alcuni singoli usciti nelle settimane di pausa. Tipo, Von Dutch di Charli XCX, o Lisbona di giovanni pedersini. Ma ora passiamo alle cose nuove. Tipo questo fenomenale singolo di Nilüfer Yanya.
Qualche giorno fa sul Guardian Simon Price si chiedeva perché i nepo babies non abbiano successo nella musica. L’eccezione è Mabel che questa settimana ha pubblicato un altro pezzo pop carino, Vitamins, con una quantità di bassi da mettere in cantina. Kara Jackson, invece, non è figlia d’arte, e continua a piacermi da impazzire per il modo in cui fa folk con una voce che spegne le luci. Il suo ultimo singolo, Right, Wrong or Ready (cover di Karen Dalton) dimostra che questo timbro si destreggia anche in un arrangiamento più denso: prevedo grandi cose.
Alla voce “ritorni”: i Coma_Cose hanno un singolo caciarone intitolato Malavita, scritto con Federica Abbate e prodotto da Merk & Kremont; Giusy Ferreri ha una band rock1 chiamata Bloom (di Mezzago?); L’aura canta Pastiglie (non è una cover né dei Prozac+, né di Chadia). È tornato anche Iosonouncane con un brano realizzato per la colonna sonora della serie Netflix Briganti: si intitola Viudas, discende da “un'idea nata al pianoforte durante la registrazione delle voci di IRA”. Sale sale sale finché non ti resta altro che rimanere sospeso in aria. Meraviglia.
I Selton con Ney Matogrosso dei Secos & Molhados rifanno una canzone del 1973, Sangue Latino, che mi piace da impazzire per il giro di accordi che accumula tensione su tensione, e infine la libera in un colpo solo (come se il beat motorik avesse un corrispettivo armonico). Sta dentro l’album Gringo vol. 1 che esce il 10 maggio.
E per finire, segnati ‘sti nomi
🪩 salute feat. Rina Sawayama
🤘 Softcult
🍦 Il Mago del Gelato2
🐼 From Indian Lakes
🍃 Zsela
🫧 Iako
🐁 Bad Moves
🕶️ Sam Gendel & Sam Wilkes
🥊 Les Savy Fav
⛈️ GIMA
🌏 mui zyu
🦂 Previous Industries
🪈 Emanuele Triglia
Un paio di concerti annunciati
Gli MSPAINT (il cui album Post-American è stato uno dei miei preferiti del 2023) suoneranno per la prima volta in Italia al Legend Club di Milano il 29 giugno. Gli Ezra Collective, invece, saranno ai Magazzini Generali di Milano il 27 ottobre. Potrebbero essere gli ultimi concerti di sempre, vista la piega che sta prendendo questa parte dell’industria: megashow super-remunerativi, e il resto in perdita. Ne ha parlato il Guardian.
Qualcosa da leggere
Chiudiamo con alcune segnalazioni di cose che ho scritto in giro, che è già tardi. Su Fanpage ho scritto di Bella ciao come se fosse una canzone pop. Su DLSO ho scritto due articoli sul jazz: il movimento internazionale che attira sempre più la Gen Z, e la scena italiana piena di artisti di talento - c’è un sacco di roba eccellente da ascoltare.
mica per il rock, che chissenefrega, ma fa piacere sentire una voce comunque forte come quella di Giusy applicata ad altre forme musicali: dovrebbero provarci tutte le nostre popstar, così affezionate al suono trendy del momento. Io, per esempio, son convinto che Annalisa abbia cominciato a funzionare per il grandissimo pubblico quando ha cominciato a cantare in uno stile che esaltasse il tono quasi da contralto della sua voce. Ma mi fermo qui.
è il loro primo singolo per Numero Uno Dischi, cioè per una major: merito mio (scherzo). Però, ho parlato anche di loro nel pezzo che ho scritto per DLSO e che linko sopra.