PW33: sono tornato, ma per poco
Un bordello di parole per un settembre denso: Nilüfer Yanya, Colin Stetson, Alan Sparhawk, MJ Lenderman, Porches, Xiu Xiu e almeno altri 10 ottimi album per cui non c'è spazio.
Bentornatə. Questa è la terza stagione di Federico Pucci ascolta una quantità disumana di musica e prova a parlartene senza sforare le 50mila battute. Abbiamo iniziato quando ancora esisteva Louder nell’autunno 2022, poi ad agosto 2023 è partita Pucci, e ora eccoci qua con la nuova incarnazione di questo supplizio dal quale non riesco proprio a liberarmi. Nuova incarnazione perché questa stagione di Pucci Weekly proverà a essere un po’ diversa dalla precedente: uscirà nel week-end, o giù di lì, e sarà stringata nel descrivere la musica appena uscita (come no). A questo giro, perdonami se recupero “un paio” di arretrati e per questo arrivo lungo. Che è un altro modo di dire che anche questa mail sforerà, e forse ti converrà venire a leggerla sul sito. Poi sarò più conciso, giuro (lo dico da due anni).
Devo aggiungere che l’episodio 34 arriverà sabato 26 ottobre, tra quasi un mese: tra pochi giorni parto per il viaggio di nozze (EEEH). Pucci non si fermerà del tutto, però: una volta alla settimana manderò degli aggiornamenti brevi, dal mio viaggio, che a parte una preview saranno riservati agli abbonati a pagamento (GRAZIE). Se vuoi leggerne almeno uno, puoi fare un abbonamento di prova della durata di una settimana. Oppure, puoi ottenere un abbonamento gratuito più lungo invitando altre persone a iscriversi a Pucci usando il link qui sotto. Altrimenti, sorbisciti poco per volta le migliaia di battute che seguono, e ci rileggiamo tra un mese.
Ma, dato che l’idea matta di ascoltare una quantità eccessiva di musica non mi ha abbandonato nemmeno quest’estate, nonostante gli impegni, ho scritto un post in cui recensisco una cinquantina di album che ho sentito a luglio e agosto. Non l’ho mandato via mail, perché è davvero lungo. Contiene una playlist disordinata, ma carina. Vai a ripassare, se ti serve. (Manca una recensione del discone di Cassandra Jenkins: fai come se ti avessi mandato dritto ad ascoltarlo, e del resto te ne avevo già consigliato tre singoli, vedi tu).
E ora la playlist con le uscite migliori di venerdì e delle scorse settimane - la trovi anche su Apple Music.
Album (di settembre)
Venerdì 6 settembre è uscito il nuovo disco di MJ Lenderman, Manning Fireworks, l’anno scorso ti ho fatto una testa così a proposito del suo altro gruppo, i Wednesday: lui non può non piacerti se sei appassionato di Neil Young e del suo modo di essere delicato e violento, sporco e minimale. Gran chitarroni e piccole note, tante imperfezioni e la voglia di non vergognarsene mai. Lo stesso giorno è uscito WOOF. dei Fat Dog, post-punk danzereccio da Londra Sud (saufland’n) che pattina surrealmente tra ska, folk balcanico, jazz estremo, new wave elettronica: sembra uno spasso da sentire dal vivo, ma ogni tanto al disco viene voglia di dire “anche meno” o “smetti di urlare, ho capito”. Sempre post-punk, ma australiano e mega-distorto al punto da farti vibrare la sabbia nel cervello è Crime In Australia dei Party Dozen, di base un duo sax e batteria: mi ha divertito perché dirotta il funk da colonna sonora poliziottesca con marce infernali di piano (Wake In Might), linee di basso malefiche (Bad News Department) e sgommate fischianti di feedback che sfiorano l’hardcore (Jon’s International Market). Menzione rapida anche per ten days di Fred Again.. che contiene almeno un pezzo bellissimo: backseat con The Japanese House, Scott Hardkiss e un tastierino anni ‘90 che sa tanto di DX7.
Venerdì 13 settembre è uscito My Method Actor di Nilüfer Yanya di cui avevo già ampiamente consigliato il precedente, ottimo Painless ai tempi di Louder. Ma questo terzo album, il primo per Ninja Tune, potrebbe consacrarla - come si dice. Il singolo Like I Say (Runaway) è stato in rotazione fissa da maggio a oggi e non vedo come non possa finire nella mia lista di fine anno; la quasi title-track Method Actor mette in mostra la sua capacità di dominare melodie che si sotterrano nei registri bassi e l’intelligenza di aprire la traccia; Binding è intima senza tanti ricatti; Mutations è bella e dolente come la coda di violoncello tiene a farti capire (posso continuare, ma mi fermo). Per quanto creato a quattro mani con il produttore Wilma Archer, è un disco che non si può definire in altro modo se non “molto personale”: ma la bravura di una songwriter è non farti pesare i suoi pensieri come fosse un dumping emotivo, ma farti scoprire qualcosa di te. La traccia che meglio esemplifica questo, per me, al momento è Made Out Of Memory - l’ha detto anche Yanya in questa bell’intervista sul Substack Tone Glow. Lo stesso giorno abbiamo avuto il ritorno dopo 26 anni dei Jesus Lizard con Rack, un disco per i bassisti visto che David Wm Sims fa il lavoro per tutti con linee minacciose e metalliche. La seconda traccia, Armistice Day (che non è manco la migliore, forse quella è Falling Down o Grind), è melmosa, faticosa; a 1:28, dopo un break di batteria, il tempo rallenta di - che so - 2 o 3 bpm, una cosa impercettibile: è un errore? è voluto? Non importa, perché funziona, addensando la melma un altro po’ e facendoti sentire umano. E parlando di dischi brutali, The Love It Took To Leave You di Colin Stetson è fenomenale: caotico e surreale; doloroso e astratto; industriale e primitivo; un lavoro di virtuosismo live sul sassofono, senza sovraincisioni; un gioco di prestigio di riverberi, echi, tessiture, respiri, dinamiche. Mi avanza poco spazio per parlare di Shirt di Porches, un disco indie rock magnetico, elettronico, malconcio, rugginoso, vibrante, a tratti danzereccio (Bread Believer) e in generale impossibile da mollare - non mi capacito del fatto che mezzo internet parli di quella farsa totale che è The Dare, e non di questo artista. Peraltro Rag è un altro dei singoloni dell’anno, e lo ritrovi nel Cestone, ma in generale, se sei a caccia di melodie, sei nel posto giusto.
Venerdì 20 settembre è uscito In Waves di Jamie xx: mi ha preso decisamente meno del disco della collega Romy dell’anno scorso - il brano reunion degli xx con lei e Oliver Sim (Waited All Night) è l’apice della tracklist, per me. Funzionano, ma decisamente meno, due pezzi che aspettavo: Dafodil con Kelsey Lu, John Glacier e Panda Bear; e All You Children con gli Avalanches. A proposito di occasioni perse: Five Dice, All Threes dei Bright Eyes è liricamente poco a fuoco (immagini affastellate, senza coerenza) e per questo risulta sovraprodotto, fasullo, patetico. Mi piace la loureediana Tiny Suicides, mentre i duetti con Cat Power e Matt Berninger boh. Non è un’occasione mancata Odyssey di Nubya Garcia, eccellente sequel dell’acclamato Source, che dimostra che pure in una tradizione musicale ormai antica come il jazz si può esplorare approfondendo anziché espandendo e assimilando. Non che manchino contaminazioni: i groove di The Seer o Triumphance devono qualcosa all’hip-hop e al dub. Ma anche senza questa sintesi si gioisce: tipo nella title-track, impetuosa, un torrente in cui piano e batteria spaccano tutto. E il sax di Garcia è morbido e pugnace, è in sintonia perfetta con questa sezione ritmica feroce.
Infine, venerdì scorso è uscito il primo disco da solista (RIP Mimi) di Alan Sparhawk dei Low: White Roses, My God non risulterà totalmente estraneo a chi ha ascoltato con attenzione gli ultimi due-tre album del gruppo, dedicati in parte all’idea che filtrare e manipolare il suono non vuol dire per forza nascondere e mistificare, che può esserci empatia anche dietro un muro di ronzii e timbri alieni; e d’altra parte, questo disco in cui la voce di Alan è completamente trasfigurata, questo disco jammando al computer, è decisamente unico. E magnetico, e intelligente: Alan ha spiegato di essersi fatto influenzare dal modo in cui il figlio e i suoi amici fanno partire beat e ci cantano sopra dei freestyle; quindi si può dire che ci sia un’influenza hip-hop. Parzialmente estetica (ha detto di aver ascoltato molto Earl Sweatshirt); ma più ermeneutica e deontologica: ha provato a fare musica con l’urgenza e la velocità mentale del rap. Il risultato è quasi sempre ottimo: pezzi come Feel Something forse non esprimono tutto il loro potenziale (il riff è eccelso, il tema è forte; andava tagliata un minuto prima); e comunque Get Still è un’apertura fenomenale, Can U Hear ha un’energia tangibile, Heaven dimostra svela altri registri. Alan ha detto che tornerà molto presto con musica più “tradizionale”, ma io sono a posto anche così. A proposito di musica che ti strapazza, il nuovo album degli Xiu Xiu, intitolato 13” Frank Beltrame Italian Stiletto With Bison Horn Grips, potrebbe essere uno dei loro migliori: ispirato, abrasivo eppure sublime, selvaggio e caotico ma perfino elegante, romantico e maestoso; un intreccio complesso che va dal noise al trip-hop, dall’industrial all’opera ma non respinge mai. Un miracolo. Questa settimana abbiamo avuto anche il disco postumo di SOPHIE: non sono troppo a mio agio con i progetti di questo genere, ma trovo giusta una parata d’onore per una pioniera del pop per come si sta ricominciando a intendere, massimalista e oltraggioso (vd. brat). Com’era prevedibile, non è all’altezza dei lavori pubblicati in vita. Quel che trovo di simile è il gusto assoluto per i timbri, patch di suoni familiari rimodellati fino a che non sono 100 volte più gloriosi, nuovi, celestiali, assurdi di qualsiasi cosa tu abbia già sentito. Ma manca l’editing finale, il tocco della scultrice che modella e distorce le figure. Comunque, My Forever è un esempio di pop perfetto, nella filosofia e nella realizzazione, nel testo e nell’andatura che palleggia tra Ace of Base e Depeche Mode, Ibiza e Berlino; e pare anche un sentito tributo da parte di chi ha scritto con SOPHIE il brano e lo canta, l’amica e collaboratrice Cecile Believe. Tutto sommato può bastare, e non basterà mai: il pop in a nutshell.
La playlist contiene anche brani da
💿1 Born Horses dei Mercury Rev [psych ballatone; spoken word; ottoni]
💿 Ensoulment dei The The [old new wave; pessimismo; paura di morire]
📀 VIVA HINDS delle Hinds [indie pop; twee; estate]
💿 Hole Erth di Toro Y Moi [svolta emo rap; nebbia e neon; ma perché]
💿 No Depression In Heaven di Midwife [slowcore; vedo la gente morta]
💿 Luck And Strange di David Gilmour [blues; boomer rock; brava la figlia]
💿 The Greatest Love dei London Grammar [alt-electro-pop; ballatone]
💿 Dreamweaver di Trentemøller [dream pop; buio; bordate, bordoni]
💿 Soft Tissue dei Tindersticks [soul pop narcotico; moquette blu]
💿 Better Luck Next Time dei World’s Greatest Dad [emo; chitarroni/ini]
📀 Slif Slaf Slof delle Mermaid Chunky [weird pop; flautini di plastica; matte]
📀 Get Me The Good Stuff dei Jade Hairpins [synth-rock; riffoni; gasone]
💿 SHINBANGUMI di Ginger Root [city pop; bossa funk; ganzo, gommoso]
📀 Wearing Out The Refrain dei Bad Moves [power pop; ritornelli; presa bene]
💿 Art of the Unseen Infinity Machine di Allegra Krieger [indie folk caduco]
📀 City Lights dei The Waeve [art pop eclettico; brillante, spettrale]
💿 Surviving The Dream dei FIDLAR [punk melodico; in forma; regazzini]
📀 Ruby di Dave Guy [jazz rootsiano; ubiquo; rappuso; latino; j-dillo; gasone]
💿 Flow Critical Lucidity di Thurston Moore [alt rock psicanalitico; mantra]
💿 Doggerland (EP) degli Office Dog [alt rock; trasognato; grunge]
💿 Real Deal degli Honeyglaze [indie rock; math-post-punk; marcio dolce]
💿 Café Life (EP) degli Starcleaner Reunion [dreampop; indie rock mesto]
💿 …They’re Just Like Us dei Celebrity Sighting [garage pop; sbraang; cori]
📀 Below A Massive Dark Land di Naima Bock [indie-tronico; folk horror]
📀 Songs From A Thousand… di Kate Bollinger [bed pop; 60s; sontuoso]
📀 Watch Me Drive Them Dogs Wild di Merce Lemon [te lo dice telegrammy]
📀 EELS dei Being Dead [psych garage rock extravaganza; drughi ma figosi]
📀 Ness di Hayden Thorpe [alt pop stregoneria; synth, tuba e falsetto]
💿 Against The Fall Of Night dei Sungazer2 [jazz; prog-electro; balla dispari]
📀 Paradise Pop. 10 di Christian Lee Hutson3 [indie folk; confessioni; enorme]
Italodischi (di settembre)
Fuori dalla stanza è il primo EP in italiano di HÅN, artista che consiglio a chi mi legge da quando ho iniziato a fare playlist su Louder nel 2020, e che ascolto con gioia da prima. Tutte le tracce sono co-prodotte da okgiorgio, che è un po’ il nostro Fred Again.., con Marco Giudici, che per me è semplicemente uno dei talenti più sopraffini della musica italiana di oggi. Ma parlare di produzione in questi termini rischia di nascondere i meriti della cantautrice, interprete e musicista Giulia Fontana che ha una scrittura eccellente, sia nella composizione (melodie da vendere) sia nella lirica: “insegnami a sparire come i grandi” (Lontano) è un verso bellissimo per una persona che ha cominciato da relativamente poco a scrivere in italiano. Fulmini è una closer ottima, Fare finta è una delle mie canzoni preferite dell’anno.
Piazza Samba di Yaraki mi sembra il primo disco italiano adiacente all’afrobeats che valga la pena ascoltare anche se non sei addentro al genere. Primo, perché passa stilisticamente dal Brasile (Yaraki è milanese di origine brasiliana) cioè attraverso una palette di suoni che conosciamo bene. Secondo, perché gioca sui contrasti di senso e quindi è densa di calorie: prendi Karnevale di Rio, una canzone che suona leggera ma è pesante e cruda nel suo racconto di esclusione e trauma. Te l’avevo già consigliata mesi fa per La corsa, che ritrovi qui: il resto della tracklist non tradisce l’aspettativa. Dietro la produzione ci sono persone di cui abbiamo già parlato, qui, come IRBIS e Suorcristona. Un disco pop delizioso, perché svolge il compito più difficile di tutti: condensare una moltitudine di sentimenti, pensieri, esperienze dentro tre minuti di facile accesso. Chissà se non aprirà veramente la strada a un pop italiano per i cosiddetti “nuovi italiani”. Ci spero.
Crumpled Canvas di Francesca Bono potrebbe tranquillamente essere il disco alternative italiano dell’anno, vedremo tra qualche mese. Intanto, è un ascolto profondissimo: ballate infarcite di droni (Egle Sommacal alla chitarra); ritmi motorik (Vittoria Burattini alla batteria); tastiere scheletriche (Mick Harvey, che co-produce). Un disco fatto di sezioni irregolari e svolte straordinarie che imbocchi guidando come in uno stato di stupore: in qualche modo, da un disegno astratto come il finale di The Trick finisci dentro un ritratto naturalistico come For D. Suona live nel senso che senti lo spazio intorno ai musicisti, e ciononostante ti arriva tutto dritto addosso. E così riesce a dare l’impressione del sogno e della veglia insieme - potresti chiederti “l’ho immaginato, o l’ho sentito veramente?”.
Mi piace di Anna Castiglia mi intriga quando abbraccia il paradosso e sfiora il nonsense (AAA), meno quando sembra girare intorno ai temi senza dire molto (la title-track) o gigioneggia (Le chiese sono chiuse). A metà strada fra Daniele Silvestri e Sergio Caputo, però, si può incrociare una roba calda (U mari). Lei canta benissimo, scrive melodie rotonde, ha stile (Whitman, già consigliata) e una mezza hit (Ghali): magari proseguirà su questa traiettoria, mica deve far musica che piace a me; però sarei curioso di sentirla in qualcosa di meno pettinato e impostato - e infatti il pezzo che preferisco è il finale, Effimero, dove cade un po’ la maschera.
Concludo con Memento e il suo ) ) ) echo ( ( ( ( che mi sembra far quagliare una serie di spunti dell’alt-pop gen Z italiano. Questo disco, a cui hanno messo mano anche intenditori come Frenetik e Tommaso Colliva, è decisamente più pulito della sua roba che ti consiglio ormai da 4 anni. Ma possiamo veramente dire che nei tendini di A VOLTE MI PERDO non ci fosse già il funk storto che sta qui? No. L’ascolto è una miniera di suoni e tonalità da sentire quasi con il tatto: il crash beatlesiano di EMOZIONI; l’attacco schiumoso di tastiere e archi in Settima corsia; l’accordo di Si minore 7 che spezza le gambe (ma bene!) al groove di AH AH. Non tutto gira al meglio (il singolo di lancio Aria, tipo), ma è tanta roba.
In playlist trovi anche il lo-fi slacker e sfigato (in senso buono) di Jocelyn Pulsar e il pop-soul elettronico dance-cubista di Kilian (Grattacielo diamante già consigliata).
Singoli
Dei singoli mainstream ho parlato ieri nel primo episodio di una serie che forse potrebbe continuare quando la Weekly riprenderà regolarmente, a fine ottobre. Si chiama Primo ascolto, lo faccio sul mio neonato canale Telegram: vieni a sentire, magari nel gruppo potrei dire qualcos’altro di interessante. Quindi, non ho molto da aggiungere. Però non posso non scrivere anche qui che Alone, il primo singolo nuovo dei Cure dopo 16 anni, è una canzone pazzesca. Di là spiego bene perché.
Nella playlist troverai anche alcuni singoli delle scorse settimane, come il bellissimo Eusexua di FKA twigs: la parola mi sembra un coacervo goffo di greco e boh, ma la canzone segna una direzione coerente verso l’omonimo album che arriverà a gennaio, cioè togliersi di dosso una certa estetica (eterea; astratta; divina) per scendere sulla terra e far vedere che anche lei è fatta di carne.
Altra gente che ringraziamo per essere tornata e per appropinquarsi con progetti in arrivo: Bon Iver; Brunori SAS; Fitness Forever (con Calcutta!); Mogwai; Calibro 35; Delicatoni; e Geordie Greep fresco dell’addio ai black midi, ma già pronto a guardare oltre.
Bravi anche: Mount Eerie; Soccer Mommy; Fudasca/Tredici Pietro/Mecna/Michielin; Adelasia; Palmaria; Father John Misty; The Snookers; Post Nebbia; Generic Animal; Perfume Genius; Epoca22.
Storie
Mentre finivo la newsletter, stanotte, si è saputo che due giorni fa è venuto a mancare Kris Kristofferson, cantautore e attore americano di 88 anni che ha vissuto dieci vite: in una era campione universitario di due sport diversi; in una studiava letteratura inglese a Oxford con la borsa di studio più esclusiva al mondo; in una spazzava i pavimenti nello studio dove Dylan registrava Blonde On Blonde; in una pilotava elicotteri sulle piattaforme petrolifere; in una dava del pagliaccio a chi usa la musica country per giustificare guerre e razzismo; in una scriveva «Freedom’s just another word for nothin’ left to lose». E poi, questi titoli di testa.
Rob Abelow estrae alcune lezioni sulla costruzione di una fanbase fedele e attiva usando l’esempio di Fred Again, il quale mantiene contatti diretti, organizza show pop-up, fa giri in bici e fa tour nei palazzetti spendendo zero di marketing: secondo me i successi pop vanno costruiti così.
Hai presente quella cosa del country e degli artisti afroamericani? Ti ricordi cosa si disse quando Beyoncé pubblicò il suo album? Qui parlai di come, a conti fatti, pure il country è musica afroamericana. Ma, intanto, è successo qualcosa: che il singolo #1 nella classifica Hot 100 di Billboard negli Stati Uniti è da undici settimane4 A Bar Song (Tipsy) di Shaboozey, una canzone country di un artista nero.
Per la cronaca, al momento è il singolo con la più lunga permanenza in vetta nel 2024. Alla faccia delle mode passeggere e alla faccia di Sabrina Carpenter!
Vulture ha intervistato il miglior intervistatore musicale in circolazione, da 30 anni: Nardwuar. Doot-doola-doo-doo.
Ascoltando il necessario podcast di Seth Meyers con i Lonely Island ho scoperto una storia curiosa su Blame Game di Kanye West. La canzone, contenuta nell’acclamato My Beautiful Dark Twisted Fantasy, notoriamente campionava Avril 14th di Aphex Twin. Forse questo sample è nato spontaneamente. Forse gliel’ha ispirato il film Marie Antoinette. O forse - suggerisce Jorma Taccone, che del trio comico è la mente musicale - l’ispirazione a Kanye è venuta ascoltando a Saturday Night Live il loro brano Iran So Far. Si tratta di una serenata rivolta all’ex presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad, che usa quel pezzo di Apphie come base. E Kanye era ospite musicale della puntata in cui fu messa in onda. Consiglio l’ascolto della puntata intera per godersi il resto dell’aneddoto, e come mai Kanye, dopo aver sentito il demo della canzone, decise non prendere parte allo sketch.
Perché a così tante persone piacciono i Pinguini Tattici Nucleari? Ti chiedi come facciano a riempire gli stadi, pur non somigliando alla roba che domina le classifiche? Ho provato a rispondere, su Fanpage, prendendo il loro ultimo singolo come esempio.
E infine, se hai un iPhone da 10 anni, potresti aver ricevuto un disco degli U2 senza volerlo. E questo lo sappiamo. Ma da 5 anni a questa parte potresti avere a tua insaputa anche due composizioni di Flying Lotus: le suonerie Chalet e Daybreak, presenti a partire da iOS 13, le ha composte lui.
legenda: 💿 discreto - 📀 molto buono
suoneranno al Blue Note di Milano il prossimo 5 novembre, per JazzMI: non vedo l’ora
questo album meriterebbe un approfondimento ulteriore, ma è stato aggiunto solo sul sito e solo in un secondo momento perché a un certo punto i dischi - anche quelli belli come questo - finiscono per sfuggire: ascoltalo, davvero, ci sono anche Phoebe Bridgers e Maya Hawke che fanno i cori 😭
non consecutive, ma son dieci filate: ed è un record per il 2024, e sta per superare il singolone country piglia-tutto di Morgan Wallen del 2023