Recensioni perdute: Vampire Weekend
Only God Was Above Us è un disco pieno di interrogativi e la fine di un'era
Questo testo era stato preparato per la PW che sarebbe dovuta uscire due settimane fa. Ma dato che è andata diversamente, la trovi qui come bonus track. Buona lettura. Spero.
I VW li ho cominciati ad amare soltanto con uno dei due album più criticati da tutti: no, non Contra, ma Father Of The Bride. Mi spiego: per tanti anni non ho capito a che gioco stessero giocando, se ci fosse qualcosa dietro l’ironia e il cinismo delle loro descrizioni decadenti, o se anche i genuini momenti di emozione fossero soltanto parte di una gran mascherata.
Mi piacevano tanti loro pezzi, hai voglia, ma li ho sempre consumati con moderazione. Forse perché è arrivato in un momento di chiarezza della mia vita, prima della catastrofe di un po’ tutti quanti, Father Of The Bride mi è sembrato aprire questo benedetto lucchetto dei VW (o di Ezra Koenig, come a questo punto si dovrebbe dire): c’era effettivamente un bisogno di pace e di risoluzione, un genuino interesse a costruire ma anche svelare. Era un disco californiano per anni californiani. O wannabe californiani.
Ora, OGWAU non è un disco californiano: è newyorkese fino al midollo, a cominciare dalla foto di Steven Siegel della metropolitana (che in realtà è dei primi anni ‘80). Ma ugualmente è un disco che in parte contraddice il passato, intanto per cominciare perché non è precisino e autocompiaciuto, non si confonde facilmente su una visione cinica dei mali del mondo fatta con ennui e predisposizione da universitario: è un disco che fa assolutamente sul serio e che vuole anche un po’ litigare.
Parla della crisi che stiamo vivendo, che è una crisi mentale e morale, certamente conseguenza dell’immersione dei nostri neuroni dentro panorami comunicativi e sociali mai esistiti prima. Non è un disco contro la cancel culture o il wokismo, ma sicuramente pone domande in modo combattivo (Pravda) alla nostra coscienza di persone progressiste: vogliamo aspirare a un futuro migliore, consapevoli che magari noi non lo vedremo ma qualcun altro sì, oppure vogliamo solo continuare a combattere perché la lotta è la nostra condizione ideale? E siamo consapevoli che se il conflitto fa emergere le contraddizioni, poi ci sono anche altre cose da fare dopo?
L’estetica anni ‘70, il decennio in cui tutto ha cominciato ad andare profondamente a puttane per la classe media e non solo; le macerie di New York ricoperta di graffiti; il cemento e l’asfalto in dubbio stato; la crisi. E poi, sopra ogni cosa, un mare di distorsioni e un suono melmoso che sotterra i bassi e fa stonare i pianoforti (Connect), dove anche il sassofono sembra sfiatato (Classical): OGWAU è un album che fa BZZZ dall’inizio alla fine, non vuole esprimersi con precisione. Perché è un album di caos, decadentismo, senza nuove soluzioni da proporre all’occasione: al punto che, se abbassi il gain e correggi le intonazioni sporche, potresti riconoscere molti elementi musicali familiari, un modo di concepire melodie circolari e ritmiche afro che potrebbe tranquillamente sapere di ritorno al passato della band.
Ma non lo è: i contorni sono confusi, le pagine sono ingiallite e piegate agli angoli, tutto sembra storto. Il passato non è rassicurante, il presente nemmeno, il futuro boh. Il punto è che devi continuare ad andare avanti, riconoscere chi sei e chi sei stato e provare comunque ad aggiungere qualcosa alla conversazione. Per me OGWAU è un album di interrogativi tra cui la sola certezza è che così non va. Ma anche con un desiderio profondo di trovarsi e riconoscersi, di trovare qualcuno che “mi assomiglia”. Il modo in cui fondamentalmente questo disco apre nuove possibilità per un progetto musicale semplicemente reimmaginando la sua identità a livello timbrico, fonico, spaziale mi ha fatto pensare agli ultimi tre gloriosi album dei Low: fa tutto questo in modo molto meno estremo, perché stiamo pur sempre parlando di un gruppo melodico; però funziona, e fa venir voglia di continuare ad ascoltarli per un altro decennio. Per capire se dietro i citazionismi da cronaca impolverata, dietro i nuovi muri di rumore che sporcano il pop barocco, e dietro una certa acredine generazionale c’è qualcos’altro. Probabilmente ci sarà, c’è sempre stato.
Nel momento in cui esce questa recensione - devo aggiungere - Only God Was Above Us risulta il disco con il peggior piazzamento in classifica nella Billboard 200 (#27, dopo tre #1) e peggiore performance commerciale nella prima settimana nella carriera dei Vampire Weekend. Non so se esista un evento musicale che più di questo decreti la fine della rilevanza della mia generazione (millennial), ma ci penserò.
❤️