PiG 4: Kanazawa
Pucci in Giappone: Record Jungle; il musical di Lady Oscar; punk ed enka; ultime conclusioni, consigli, classifiche
Quando comincio a scrivere l’ultimo episodio di questa serie, sono tornato in Italia da qualche ora. Pian piano esco dalla bolla del matrimonio e del viaggio di nozze che ha risucchiato via il mio tempo lavorativo per un mese e riapro timidamente le mail, e cosa vedo tra i comunicati stampa? Che è stata annunciata una data di Ado al Forum di Assago il prossimo 2 luglio: spiegare chi sia Ado e come sia diventata una delle cantanti giapponesi più note e ascoltate nel mondo meriterebbe un post a parte, che esula da questa serie, perciò mi limito a dire che due anni fa con New Genesis (dalla colonna sonora di un film ambientato nel mondo di One Piece) ha fatto molto molto bene nelle classifiche di tutto il mondo. Potrei sbagliarmi, ma credo sia la prima data di un’artista giapponese in un palasport italiano. Si sta muovendo qualcosa? Sta emergendo lo spazio per una testa di ponte di cultura pop orientale? Non credo, non direi1. Certamente, il fatto che il tour di Ado abbia come partner Crunchyroll, cioè una delle principali piattaforme streaming per gli anime, non è di secondaria importanza. Ne riparleremo a luglio, quando farò un salto fino alla fine della M2 per capire chi sono gli spettatori di questo concerto. Intanto, torniamo a un altro viaggio, quello in Giappone, e alla sua ultima tappa: Kanazawa.
Di Kanazawa sapevo solo due cose, legate alla musica. La prima è che ospita un importante museo del fonografo, dove si spiega la storia del suono registrato con esempi e dimostrazioni, grazie a una ricca collezione privata di quello che fu un proprietario di un negozio di dischi di nome Hiroshi Yokaichiya, il che riportava la sua storia nel solco della mia ricerca: la collezione consiste di 540 fonografi e grammofoni e oltre 20mila dischi in lacca conservati in perfette condizioni (il che non mi stupisce, avendo constatato le condizioni eccellenti dei vinili che ho acquistato in queste tre settimane). Il museo si sviluppa su tre piani, e conferma la mia impressione che il Giappone sia incredibilmente attento alla musica - come si fa, come si trasmette, cosa rappresenta - senza dare nulla per scontato, e accogliendo la sua presenza nelle nostre vite per l’arte quasi magica che è.
La seconda cosa che sapevo della Kanazawa musicale è ancora più indiretta, cioè che vi nacque Daisetsu Teitaro Suzuki, il maestro zen che ha insegnato il buddhismo a John Cage - sull’importanza di questo legame in senso musicale ho scritto una cosa che un giorno uscirà, e te ne riparlerò. Di D.T. Suzuki esiste peraltro un bellissimo museo, progettato da Yoshio Taniguchi.
Ma proprio perché questo era un viaggio di nozze e non un viaggio di studi, non sono riuscito a ricavare il tempo di visitare nessuno dei due luoghi. In compenso, ho incontrato il negoziante di dischi che più di tutti si è aperto al dialogo con questo bizzarro e umido omaccione che vagava tra i suoi scaffali. E questo mi ha aiutato a raggiungere alcune conclusioni sulla mia esperienza.
Benvenutə al quarto e ultimo episodio di PiG, cioè Pucci in Giappone, una serie in cui provo a capire qualcosina della musica dal lato degli ascoltatori nel Paese che ospita il mio viaggio di nozze. Gli episodi sono riservati agli abbonati a pagamento che hanno sostenuto il mio lavoro in questo primo anno di newsletter. Puoi leggere questo e gli altri post riservati con un abbonamento omaggio se fai iscrivere altre persone usando il link qui sotto.
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Record Jungle
Quando arriviamo a Kanazawa, siamo consapevoli che il nostro tempo in Giappone sta per terminare. Non aggiungerò altre tappe musicali nell’ultima sezione tokyese del tragitto, prima della ripartenza, perché abbiamo già quasi 300 km nelle scarpe e le energie vanno scemando. Ma avevo letto cose strepitose di un negozio in questa cittadina di mare sulla costa ovest, strapiena di italiani come noi che vogliono andare a vedere i tetti di paglia di Shirakawa-go, farsi un giro di sushi al mercato di Omicho e in generale assorbire le sonnacchiose vibe di questa cittadina che per tanti versi sembra la versione hipster e in piccolo di Kyoto. Il negozio si chiama Record Jungle ed e già nel 1997 si meritava una menzione negli atti della nona conferenza di IASPM (International Association for the Study of Popular Music), che si tenne proprio a Kanazawa: «Record Jungle fa sembrare micro i nostri megastore tipo Virgin». Ed è così. Ormai ci avrai fatto l’abitudine, l’ho detto tante volte, ma anche questo negozio è pieno murato di dischi: anche solo consultare tra gli scaffali è un atto eroico, che richiede falangi d’acciaio e pazienza da santo.
Record Jungle si sviluppa su due piani di un edificio rialzato, senza piano terra, che conferiscono all’ambiente un’atmosfera vagamente gotico-urbana e apocalittica. Dopo aver salito una rampa di scale tra dozzine di flyer, adesivi, annunci, si arriva al negozio vero e proprio. Al primo piano si trovano vinili e CD; a secondo, che troviamo chiuso, altri CD, laser disc e DVD. Visto che anche questa sera mi sono autoimposto di non passare più di tre quarti d’ora tra gli scaffali, un piano basta e avanza. Specie perché anche qui si aprono mondi frattali: questo è un negozio che non crede nelle specializzazioni e tra le migliaia di titoli in vendita credo sia possibile trovare quasi tutto (in verità non hanno i toe, mi dicono). Fra i dischi giapponesi, vedrai raggruppamenti per genere su nicchie minori, come indie e punk, o noterai che il jazz locale sta a braccetto con quello internazionale; ma per il resto, dal j-metal al city pop, tutto convive sotto una rigida divisione alfabetica. Che ovviamente non sono in grado di navigare. E dato che le pareti sono completamente occupate da LP e CD, anche 10 file per parete dal pavimento al cielo, resta solo un punto dove lasciare che la personalità del luogo si esprima: il soffitto. Ed ecco che si aprono nuovi mondi: Twiggy; una bandiera di Puerto Rico; Blue Note; i Mighty Diamonds (la passione del Giappone per il reggae andrebbe studiata a parte); il manifesto di un concerto dei Deacons; e poi un mucchio di autografi e omaggi scherzosi, talvolta sconci (dove non arriva la lingua, capisco con i disegni).
Insomma, c’è da perdersi. E allora serve aiuto. Il commesso mi dà una mano nella mia ricerca vana delle mie due balene bianche (ne parlavo qui) e, mentre mi scruta altero da dietro la sua lunga frangia decolorata, riporta alla mia mente le immortali parole del poeta Max Collini. Non so se definirlo un “arrogante bottegaio”, però. E sicuramente l’atmosfera è tutt’altro che conflittuale e competitiva: anche perché lui sa benissimo che non ho idea di cosa sto facendo, e io pure. Tanto vale guardare le copertine, i quarti d’ora scorrono.
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