Questo fine settimana sono stato a La Prima Estate, festival a Lido di Camaiore (Lucca) che già ti consigliai nel mio post sui festival. Per me è stata la prima volta, e torno per raccontartene i molti pregi: si svolge a 10 km da dove sono nato (ok, questo è personale); ha una dimensione giusta “a misura d’uomo”, nel senso che non ti senti mai sopraffatto; è ben organizzato; non ha i token per pagare; non si accontenta dei concerti con un programma di incontri mattutini ben congegnati; ci si trova bella gente (ciao Antonio!). E poi, la roba che interessa di più, la musica: i suoni sono fenomenali, con eccellente separazione e grande dinamica (non c’era solo chiasso, e alcuni concerti del sabato ne hanno fatto pieno uso); ha una line-up originale, che non ti fa pensare “un posto vale l’altro”. Io, che ho partecipato solo ai due giorni finali del secondo week end ho sentito con particolare attenzione gli shame, Michael Kiwanuka e i Black Country, New Road, che si son confermati stellari in studio così come sul palco.
E poi ho avuto la fortuna di vedere per la prima volta i Fontaines D.C. di cui riparleremo quando arriverà l’album Romance, a fine agosto: per adesso ti dico che si sono divorati il palco, perciò immagino faranno lo stesso domani sera al Rock In Roma - se ti capita, vacci. Concentratissimi, non sono calati di intensità per un secondo, nemmeno dopo una pausa a metà per un inconveniente tecnico. Su pezzi di Dogrel come Too Real è venuto giù tutto e Skinty Fia è chiaramente già un classico. Dopo Roma, torneranno il 4 novembre a Milano per una data che è al momento l’unica sold out della leg autunnale europea (che hype!) e posso confermare che meritano tutta questa attenzione.
A proposito di hype, la scorsa settimana ho visto dal vivo anche i Turnstile, al Magnolia: che botta! Quanta roba diversa che possono ascoltare i ragazzi della Gen Z (ma pure noi millennial eh!): proprio non capisco la sfiducia nella “musica di oggi”. Semmai, non so quanto sia sostenibile per le attuali tasche del pubblico italiano un’ondata di gruppi a 40-50 euro a concerto, ma questo è un problema della società italiana e di cosa chiediamo da chi ci governa, non possono certo risolverlo le band.
E adesso, vediamo se riesco a stringere due settimane in un solo post. La playlist è qui sotto (o su Apple Music). E ricordati che il Cestone Pucci si è aggiornato: siamo a oltre 80 ore di musica, tutta indimenticabile, lo prometto!
Cos’è uscito
Probabilmente nessun singolo quest’anno raggiungerà il livello di profondità e importanza nel ridefinire il senso del pop del remix di Girl, so confusing di Charli xcx con Lorde (lo trovi all’inizio della playlist). Ne riparlerò prossimamente su altri siti (SPOILER!). Intanto, in queste settimane abbiamo avuto un ritorno straordinario di Nilüfer Yanya, l’annuncio che il prossimo album di Post-Malone sarà country (sorpresone visti gli ultimi terrificanti singoli!), mentre Aphex Twin che se ne fotte di tutte queste nostre preoccupazioni pubblicherà un box-set in rame e quercia. Per gli album usciti in queste settimane, vai sotto.
NxWorries, Why Lawd?
C’è una canzone di questo disco di Anderson .Paak e Knxwledge uscita un paio di anni fa, ci canta sopra anche H.E.R. e a un certo punto AP tiene un acuto che con l’accordo sotto costituisce un Do diminuito. Non so se hai mai sentito un Do diminuito, ma non è il massimo della dolcezza. NxWorries è il progetto in cui Anderson .Paak ci ricorda che il soul non è roba da pigiami di seta e luci soffuse: è una musica aspra, ruvida, scomoda, sollevata da insospettabili risoluzioni (che rendono tutto ancora più trionfale). Il contrario di Silk Sonic, insomma. Il soul non è rassicurante, è una notte al freddo chiuso fuori casa dal tuo partner, e non ricordi nemmeno più se è colpa tua. Tradimento, desolazione, riscatto. Che viaggio, e tutto grazie alla musica. Discone.
This Is Lorelei, Box for Buddy, Box for Star
Non so come faccia un album a contenere 12 generi diversi e non sembrare completamente campato per aria, ma questo ci riesce. E ci riesce condensando una sacco di idee dentro semplici accostamenti. Esempio: Dancing In The Club si regge su un arpeggio di chitarra elettrica sulla pentatonica (punk), poi sostituito dallo stesso arpeggio ma su un pad flautoso (cinese); alla fine si agiunge un riff di piano, sempre sulla pentatonica (blues e country). La stessa scala viene usata tre volte, con tre funzioni estetiche diverse e in una produzione mediamente hyperpop. Cosa significa? Che in un pastiche ci metti quello che vuoi e ci trovi quello che ti serve. Qualcuno non ci troverà niente, io ci trovo un milione di idee. Labirintico.
Zsela, Big For You
Difficile restare indifferenti alla voce di Zsela, che sembra all’ultima spiaggia mentre pesca nel registro basso sussurrando in Fire Excape (una delle mie canzoni preferite di questa metà 2024). Zsela è la figlia di Marc Anthony Thompson (Chocolate Genius, e così si spiega la partecipazione di Marc Ribot), e quindi sorellastra dell’attrice Tessa Thompson. In Brand New puoi sentire anche Gabe Wax (soccer mommy, The War On Drugs, Beirut) ai synth e Nick Hakim ai cori e all’elettrica: suona effettivamente da dio, ma anche brani meno densi di nomi celebri, come Moth Dance, se la battono alla grande. Un debutto da segnarsi.
O., WeirdOs
Tra il jazz massimalista degli Zu e l’art-post-punk brixtoniano dei Black Country, New Road, a un certo punto del tragitto trovi questo duo, sax baritono e batteria. Gli inglesi son bravi quando all’assurdo rispondono con l’assurdo. E qui funziona così. Assurdo come un disco di ambient violenta, dub ignifugo, techno di provincia, grime-metal e jazz malato. Quando sono arrivato al finale, ho provato quello che provai sentendo per la prima volta i Dub Trio. Forse è una gag, forse abbiamo visto la luce.
Rui Gabriel, Compassion
Finisce che questa settimana parlo quasi solo di debutti. Tipo, Compassion di Rui Gabriel dei Lawn, che mi ha fatto drizzare le antenne da quando ho sentito (e ti ho consigliato) la straordinaria Target, canzone pop ipnotica come un krautrock e armonizzata da dio (grazie a Kate Teague, ospite ricorrente), eppure chiaramente ripiena di dolore. Il dolore di diventare adulto e smettere di comportarsi da ragazzino. Una perla, per quanto mi riguarda, che con parole morbide, chitarre muted, organetti e batterie di cartone parla di: esclusione e privilegio bianco (Church Of Nashville); empatia (The Hunting Knife); discussioni che non portano da nessuna parte (End of My Rope); persone che ami e ti mandano fuori di testa (Eyes Only) a cui speri di alleviare gli sbattimenti quotidiani (Money).
Staples Jr. Singers, Searching
Il gospel quando è anche blues quando è anche folk quando è anche rock. In Mississippi funziona così. Questa roba scorre nelle famiglie, e diventa lingua condivisa di un territorio dove il dolce e l’agro si gustano insieme. Gli Staples, 49 anni dopo la prima incisione riscoperta da Luaka Bop (che pubblica anche questo disco), tornano in uno studio e ci dimostrano di sapersela ancora cavare. Un disco aspro, pieno, pieno di aspirazione a sconfiggere il passaggio del tempo (grazie a Dio? alla musica? è da vedere). In playlist metto il tour de force di 7 minuti I Don’t Need Nobody but You che è insieme un’autobiografia e un atto di devozione all’ascoltatore.
Kneecap, Fine Art
Non sono mai stato a Belfast, ma il modo in cui questo trio rap la descrive come luogo insieme brutale (I bhFiacha Linne) e solidale (Parful) me la fa immaginare bene, mi ricorda che verso casa propria non puoi che nutrire insieme vergogna e orgoglio. Un’identità politica matura non può che venire da una coscienza, altrimenti è fanatismo: e i Kneecap sono una band politica, anche solo perché rappano quasi esclusivamente in irlandese (o gaelico). Anche i beat usati, pescati nel calderone drill, UK garage, grime, rendono l’idea di un luogo scomodo ma confortevole, spigoloso e umano: un luogo per cui vale la pena lottare. In tracklist troverai un paio di celebrità irlandesi (3CAG con Radie Peat dei Lankum; Better Way To Live con due dei Fontaines D.C.) in brani che si portano dietro un po’ dell’identità musicale degli ospiti. Un affresco nel quale potresti smarrirti per giorni interi. (Ad agosto esce una specie di film sulla loro storia, che conferma la mia idea che la musica sia il nuovo cinema, ma si vede solo nei cinema irlandesi e britannici, a meno che non caschi dal retro di un camion: qui il trailer).
Been Stellar, Scream From New York, NY
Una band inglese che però viene dal Michigan e vive a New York può avere senso solo in un’epoca di persone completamente slegate dalle radici. O semplicemente, come hanno spiegato, in un’epoca nella quale ti fai da solo gli ascolti perché se aspetti la radio… Post-punk e shoegaze sono parole che si tirano spesso in mezzo per farsi capire, e qui puoi sentire qualcosa di Fontaines D.C. e Shame ma anche (nella title track) un bel pezzo di Radiohead: c’entra l’insistenza con cui le melodie vengono servite, ma anche un certa delicatezza nell’orchestrare le parti, senza creare strappi assurdi anche quando si usano suoni aspri (Sweet rotola davvero alla grande; la già segnalata Pumpkin pure), o quando il ritmo inciampa (Can’t Look Away e All In One, forse le mie preferite). I gruppi così sono curiosissimo di sentirli live, perché lì si capisce davvero chi sono: lo sapremo il 13 novembre all’Arci Bellezza di Milano. Altro debutto da tenere a mente.
Martha Skye Murphy, Um
Il 2024 ha avuto almeno un paio di album confessionali che ti mettono a disagio, come quello di Claire Rousay. Questo debutto del’artista di South London Martha Skye Murphy mi ci fa pensare, e non solo perché Rousay c’è dentro (a malapena, con un field recording, nell’ottima e già segnalata traccia Need): è perché, grazie anche alla solita produzione magistrale di Ethan P Flynn e al mix della nostra adorata Marta Salogni, questo disco sussurrato, leggermente percosso, spremuto tra le dita come un anti-stress ha lo stesso effetto di turbarti e toccarti: è concettuale ma urgente come un’installazione d’arte contemporanea a cui ti avvicini con sospetto e di fronte alla quale finisci per inchinarti singhiozzando (non mi è mai capitato, ma puoi intendere cosa dico). Intimo al punto di sembrare ASMR, fa venire i brividi. Come scrittura, però, si potrebbe fare di più: molti pezzi sembrano collage.
Lola Young, This Wasn’t Meant For You Anyway
Un pezzo di stampa inglese definisce Lola Young come la next big thing. Io ti consigliai già due singoli, probabilmente due delle migliori tracce di questo disco (Messy; Conceited) ma c’è qualcos’altro da raccogliere in questo disco, che come uno scarico del rubinetto raccoglie tante belle idee di musica alt-rock e alcune trovate bedroom pop un po’ stantie. Però, devo dire che fa effetto sentire in un disco di questo genere una chitarra angolare alla Andy Gill sbattere sopra un beat motorik (Wish You Were Dead). E per quanto l’ultimo terzo di disco talvolta sbandi, nel complesso resta notevole.
Altri album validi
☔️ Where the Butterflies Go in the Rain di Raveena [nu soul; melodie da vendere]
🪡 Stung dei Pond [psichedelia e ritornelli; funk e heavy; goduria]
🍑 The Gloss dei Cola [psych post-punk; presa bene-male]
🤯 Worldviews degli Annabel [emo; chitarroni; urloni; patatoni]
👄 Rectangles and Circumstances di Caroline Shaw & Sō Percussion [vocissime]
👁️ POPtical Illusion di John Cale [pop del futuro; been there, done that; spasso]
🧚 Bow To Love di Isobel Campbell [amore e sottomissione; folk, synth, etc]
🦊 As It Ever Was… dei Decemberists [esaltante quando non fa retro-cosplay]
😢 The Art of the Lie di John Grant [synth americana; trauma]
😤 Contempt dei Bad Breeding [hardcore; serve un’antitetanica]
🧁 Dopamine di Normani [pop; tanti trap beat; voci Ocean/SZA; bei feat]
🗼 Towers (EP) dei Hundred Waters [pop elegiaco; barocco; devastante]
🦺 Liily (EP) dei Liily [post-punk; feroce; fedeltà bassa, gomiti alti]
🤰 Vibhuti di Sis [incinta in Bhutan e qui per raccontarlo; ethno-psych-synth]
🎁 The Secret About Us di Gracie Abrams [bedroom nepo pop; post-evermore]
🚨 Crash di Kehlani [R&B sghembo; sexy marcio; lentone oscuro; After Hours!]
🩹 Dark Ageism degli Other Half [post-hardcore; angoscia; crudo]
🪦 Cemetery Classics di Moon Diagrams [hypna-pop alieno; shoegazetronica]
🎥 Movie di Your Old Droog [boom bap; rap criminale; foto di famiglia]
👹 The Healer dei Sumac [sludge metal; western horror; trance e zombie]
🏝️ What Occurs degli Islands [indie jam rock; storie di ordinaria follia; cafferino]
✴️ Starfish* (EP) dei Rinse [dream pop; batterie di cartone; cartone in quel senso]
🏆 Duppy Gun (EP) di John Glacier [rap figo e sciallo; beat sparuti; Poster!]
🪣 CMYK 002 (EP) di James Blake [elettronica sparsa; cestone delle idee]
🤫 Shhhhhhhh! (EP) di King Krule [post-punk romantico; psych-jazz; slurp]
Italo dischi
Queste settimane sono arrivati tre bei dischi italiani di cui ti parlo sotto. Ma ho sentito anche Punti Luce di Vernise, un EP fragile al tatto; Psiche Liberata di Fera, il suono poderoso e meditativo di un booster argentato ingoiato da un’alluvione; e 44.Summer dei bnkr44, mozione ufficiale del gruppo per entrare nel giro del grande pop. Fateli entrare.
Bulgarelli, Fat Animals
Questa roba emo non smetterà mai di farmi stare bene. Perché è musica di muscoli e sudore, musica di acido lattico, che parte e si riferma, beve un bicchier d’acqua, prova un’acrobazia in aria e poi si accascia. Musica che aspira a trovare diamanti nel fango in cui siamo costretti a muoverci. Fat Animals è il primo album dei Bulgarelli, una band di Bologna che ti avevo segnalato all’uscita di Wanda. Ed è una gran prova di acrobazie nel fango, per restare in metafora: cioè, hanno il manico del math e la tenerezza dell’emo, cioè quella combinazione che ci siamo abituati a chiamare midwest emo (Cap’n Jazz e compagnia bella), per parlare in modo tassonomico. Senti la fatica e l’illuminazione, lo sconforto e la speranza, e tutte le minuscole articolazioni di questo sforzo di ritrovarsi sempre una persona decente davanti allo specchio: Ocean Documentaries potrebbe essere la mia preferita, in questo senso. Ma preferisco Exploring A Drawer, più scherzosa. Eccellente.
Porta d’oro, Così dentro come fuori
L’album si apre con una traccia che è un enigma: “conta i passi la lepre?” sembra uno di quegli indovinelli che ti pone un serial killer dentro un fumetto, appena prima di tagliarti la gola. Io i dischi che mi fanno sentire in pericolo li adoro. Specie se sembrano evocare paradossi filosofici della Magna Grecia. Questo sorprendente debutto di Giacomo Stefanini è un lavoro di scavo nell’io, terapeutico, filosofico, dove ogni svolta è una sorpresa. Un sasso nero (già straconsigliata) è una ballata lenta spinta da una fisarmonica distorta che d’un tratto diventa dub. Ma è veramente una sorpresa? Non è forse vero che la musica che vive dentro il nostro cervello ha la consistenza di un oggetto reale, e come tale obbedisce a leggi caotiche piuttosto che ad associazioni coerenti? Se così fosse, questo disco è una bestia che ti fissa con i suoi occhi neri dal fondo del letto. Alzati e ascolta.
Nella playlist troverai anche
🇮🇹 Francesca Bono; Visconti; Sans Soucis; our kids; Sinneran; DARRN; Yaraki; Crimi1; TÄRA; ceneri; Masamasa; Le Nora; Angelica; Milano 84 feat. Johnson Righeira; Katana Koala Kiwi; Epoca22.
🌎 µ-Ziq; RJD2; Jess Cornelius; Anna Prior; Snõõper; Mavis Staples; Remi Wolf; LL Cool J; MAVI; ANOHNI; Tove Lo; Kali Uchis; Hinds; Kronos Quartet; GUM & Ambrose Kenny-Smith; Avey Tare feat. Panda Bear; Split System; Wishy; Nubya Garcia; Dave Guy; Fucked Up; Boldy James & Conductor Williams; JPEGMAFIA; Horse Jumper Of Love; Burial; Wand; Cold Gawd; Jordana; Torres & Fruit Bats; The Japanese House; Oceanator; Girlhood; Thurston Moore feat. Laetitia Sadier; Jade Hairpins; Mura Masa & yeule; Ouri & Jonah Yano; Wet.
Qualcosa da leggere
su Fanpage provo a spiegare cosa fa funzionare Malavita dei Coma_Cose
Chappell Roan is a star, ovvero l’articolo che avrei voluto scrivere io sull’ascesa di una popstar della quale presto parlerò
come l’elettronica e la dance stanno tornando a dominare i festival2
ok non sono italiani, ma il dialetto siciliano sì
ascolta bene i singoli di questa settimana, quanta roba che in modo insospettabile (YUNGBLUD!) usa i breakbeat jungle o altri elementi incredibilmente dance… eh!
Ero anche a Camaiore il 23. Ma l'esperienza è stata un po' meno entusiastica. Sicuramente un festival vivibile e con una scelta curata. Vero, no token. Ma carta da ricaricare, minimo 20€ e 2€ di commissione per avere indietro il residuo. Bene ma non benissimo. Mixaggio dei suoni discutibile. Praticamente solo basso e cassa a tutto volume. Solo per i Fontaines un po' meglio equilibrato. Ad un certo punto mi sono allontanato dal palco durante il set dei Kasabian, perché era insopportabile la risonanza tra cassa e basso. Durante il set dei Wu-lu, il rullante era praticamente inesistente. E poi misteriosamente il palco illuminato nella parte posteriore ma non nella frontale. Il cantante dei Kasabian è stato in penombra per metà set. Qualcosa da limare ci sarà per il futuro.