Nove lezioni che possiamo imparare dal successo non mainstream di Cindy Lee
Qualche riflessione su Diamond Jubilee, uno dei dischi del 2024
Forse nei mesi scorsi hai sentito parlare di questo caso: il disco migliore dell’anno non è su Spotify. Diamond Jubilee è in effetti un album meraviglioso, e la sua artista è una figura dalla quale possiamo imparare qualcosa. Non solo come persone che si occupano di musica professionalmente, ma come ascoltatori: ho preso alcuni commenti dallo stream su YouTube (uno dei soli due modi possibili per ascoltare il disco) per riflettere su cosa ci lascerà questo piccolo miracolo capitato nella primavera del 2024 e che ha qualcosa da dire anche ben oltre i confini della sua nicchia di ascoltatori.
Ogni capitolo prende il titolo da un commento che mi è sembrato particolarmente illuminante o che mi ha toccato, e la “lezione” sta alla fine: perché la prima cosa che possiamo imparare da Diamond Jubilee è la pazienza. Sono nove indicazioni su come si costruisce un rapporto con il pubblico, come si fa musica onesta e si trasmette quest’onestà a chi ascolta, come si rompe il rumore di fondo dell’universo e si conquista l’attenzione dell’ascoltatore. Non sono istruzioni pratiche, né sono precetti morali: è una filosofia per una musica migliore e anche per un pubblico migliore. Secondo me, ma questo lo diamo per scontato. Ora, fai partire il disco, e andiamo avanti.
Questo è un post per abbonati - era da un po’ che non ne facevo, grazie della pazienza. (Ed è lungo, quindi vieni a leggere sul sito). Se vuoi conoscere le mie considerazioni su questo album e leggere gli altri post in archivio, puoi guadagnare 1, 3 o 12 mesi di abbonamento invitando un po’ di persone che conosci a iscriversi a Pucci.
How can you be nostalgic for a song while listening to it for the first time?1
Non so dov’eri la prima volta che hai ascoltato Diamond Jubilee. Potresti non averlo fatto. Nel qual caso, ecco la spiegazione breve: Diamond Jubilee è un doppio album composto da 32 tracce, molto bello, scritto e suonato dall’artista canadese di nome Patrick Flegel meglio not* come Cindy Lee, la sua drag persona con il cui nome ha pubblicato sette album dal 2012 in avanti. Cindy Lee è di Calgary, la città più famosa (con Edmonton) nella provincia canadese di Alberta. Siamo nelle grandi praterie, zona di agricoltura e allevamento: distese di colza ovunque ti giri, in un territorio che è due volte più grande dell’intera Italia; in Alberta vivono 4 milioni e mezzo circa di persone, e 3 milioni di manzi e vacche, per fare la proporzione. Ripeto, due volte l’Italia e stessa popolazione dell’Emilia-Romagna. Intorno a te è tutto abbastanza piatto e marrone, almeno finché non arrivi alle Montagne rocciose, che sono dietro le spalle di Calgary appunto.
Rurale è il termine giusto, non naturale: e rurale è solo un altro modo di essere antropizzati. Nelle aree rurali trovi le strade statali vuote e i silos alti come palazzi. Tipo quello della società Alberta Terminals Ltd con l’equivoca sigla ATL (che per quasi tutti nel Nord America significa Atlanta). Se sei diverso, in un posto come l’Alberta spiccherai più o meno come quei silos. La copertina di Diamond Jubilee è una foto di questo enigma toponomastico-esistenziale, con una donna dai capelli blu che aspetta, annoiata, sigaretta accesa, seduta su un vagone merci. Ora che hai presente l’orizzonte geografico, forse puoi comprendere dove vive questo album: in una disperata solitudine contro cui bisogna lottare, conquistandosi ogni rapporto umano sincero. Naturalmente, nella sua vita Flegel non è sempre stato in Alberta (ci sono riferimenti a Montreal in un paio di tracce), ma da queste terre parte il viaggio di Cindy Lee, e quindi anche il nostro.
Se hai qualcosa da dire e un po’ di fortuna, non esiste deserto (geografico, mediatico, temporale) grande abbastanza da isolarti. La tua unicità è un pregio nel giusto contesto: trova il giusto contesto.
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