PiG 1: Tokyo
Pucci in Giappone: dove i dischi sono ancora oggetti; un megastore e un negozietto; un concerto ambient-noise; un disco di culto, un disco classico, un disco nuovo
Sono in Giappone con
per il nostro viaggio di nozze (non finirà mai di far ridere, questo concetto). Era da quando rubavo i fumetti Granata Press di Ushio e Tora dalla camera di mio fratello, cioè era dal 1994 che sognavo di vedere con i miei occhi questo posto. Trent’anni dopo, finalmente, ci riesco. E finché sarò qua, vorrei provare a rispondermi a una domanda per la quale ho trovato alcune spiegazioni, ma che preferirei testare sul campo: perché in Giappone si vendono ancora così tanti supporti fisici per la musica? Non ce l’hanno Spotify, qua? Nel frattempo, mi piacerebbe portare a casa un po’ di musica giapponese, e magari vederne dal vivo. E per la prima tappa di questo viaggio, nella capitale Tokyo, siamo riusciti a fare tutto.Ciao, questo è il primo episodio di PiG, cioè Pucci in Giappone: saranno riservati agli abbonati a pagamento che hanno sostenuto il mio lavoro in questo primo anno di newsletter. Ma per questo primo episodio sarò piuttosto liberale e metterò il paywall un po’ più in basso. Ti lascerò questa parte introduttiva che segue, mentre il racconto del negozio di dischi che ho visitato, del concerto che ho sentito e di un album giapponese contemporaneo che ti consiglio li potrai leggere soltanto iscrivendoti a pagamento o facendo una prova gratuita. Grazie del supporto e buona lettura!
Il Paese del supporto fisico
Ironia della sorte, il primo servizio di streaming audio a pagamento al quale mi sono iscritto era proprio giapponese: l’ormai dimenticato Sony Music Unlimited, che nel 2015 ha chiuso i battenti (a quel punto io ero già passato a Deezer, altro amore temporaneo). Eppure, in Giappone la musica è ancora soprattutto una cosa che si tocca con mano. I dati del report 2024 di RIAJ, l’associazione fonografica giapponese, sono piuttosto inequivocabili: nel 2023, il 65,5% del mercato musicale era composto da vendite di supporti fisici, specialmente CD (il 63% dell’intero giro della musica tangibile). La fetta si è ristretta negli ultimi anni (solo nel 2019 era il 76,4%), ma stiamo parlando comunque di un’abitudine assolutamente dominante: la gente, in Giappone, compra la musica; tanto che esiste anche un mercato importante del video musicale, inteso come contenuto fruibile su DVD, Blu-Ray (se ne sono vendute 64 milioni di unità nel 2023, non so se mi spiego). In Italia, invece, la gente si abbona per ascoltare musica che non possiede. Per fare un confronto, il report di FIMI sul 2023 descrive nel nostro Paese cifre praticamente speculari e opposte a quelle giapponesi: lo streaming occupa una quota di mercato del 65% e gli italiani spendono il 60% del loro tempo di consumo musicale nel digitale. In pratica, siamo noi che viviamo nel futuro! E i giapponesi sono rimasti indietro? Uhm, non mi suona. Forse c’è un’altra ragione se nel 2023 i Giapponesi hanno comprato più di 2 milioni e mezzo di vinili, 119mila cassette e 108 milioni di CD. E se - dopo un calo fisiologico - continuano a comprarne sempre di più, a un ritmo superiore al nostro (+8% i CD, +26% i vinili). Vorrei capirlo non solo con i numeri e qualche teoria a caso, ma parlando con i negozianti e gli acquirenti.
I mega-negozi di dischi
Per questa ragione, ho compilato una lista di posti da visitare, raschiando da internet tutte le informazioni possibili e immaginabili sui negozi di dischi che valesse la pena visitare in Giappone. Consapevole che avrei rischiato di finire in un tunnel infinito: qualche anno fa Discogs e VinylHUB avevano calcolato che solo a Tokyo erano in attività 93 negozi, che fanno della capitale giapponese la città con il più alto numero al mondo - prima di Berlino e Londra. Non so se questa cifra sia ancora attendibile, ma sapevo già prima di partire che fare tappa in tutti i posti, anche solo quelli che sembrano intriganti da lontano, sarebbe stato impossibile. Anche perché, trovandomi in Giappone per la prima volta, devo vedere con i miei occhi due oggetti straordinari, per quanto terribilmente mainstream e ovvi: Disk Union e Tower Records. La prima è una catena storica, molto diffusa soprattutto a Tokyo e dintorni (41 sedi totali in Giappone, 12 delle quali solo nell’area di Shinjuku, nella capitale): esiste dalla fine degli anni ‘60, e nonostante sia quanto di più lontano dall’ideale controculturale del record store, è difficile non trovare un Disk Union nelle liste di negozi di dischi da visitare. La seconda esiste in Giappone dalla fine degli anni ‘70, come succursale di un’azienda americana. Solo che nel frattempo la Tower Records americana è fallita, ha chiuso, e ha riaperto da poco come e-commerce. In Giappone, invece, stando al sito ufficiale ci sono 72 negozi, tra cui il mostro di nove piani qui sotto, a Shibuya (Tokyo). Il posto è talmente grande che prendo un’immagine da Wikipedia per mostrartelo, perché non credo di saperlo fotografare senza deformarlo.
In una catena dell’usato: Hard Off
Sapevo che in questi megastore si tengono molte presentazioni e incontri con gli artisti, che fomentano il culto degli idol (quelli che noi chiameremmo popstar, con un altro prestito dall’inglese), che sviluppano un senso di partecipazione fisica. Sapevo che alcune aziende, specialmente la furbissima avex, sono state pionieristiche nell’estrarre soldi dalle tasche dei fan creando edizioni speciali, edizioni multiple collezionabili, tracklist alternative: in pratica, tutto quello che abbiamo visto fare a Taylor Swift negli ultimi 5 anni, osservando con orrore; ma prima. Sapevo che questo modo di fare commercio si innestava in una cultura del collezionismo1 diffusa, radicata, tradizionale. Non sapevo e non so ancora com’è stare dentro un negozio così, che è più che altro un mondo a parte. E ancora non lo so, perché in questi primi tre giorni di Tokyo non ho avuto modo di andare né da Tower Records, né da Disk Union.
Ho avuto un’esperienza con un altro grande negozio: cercavo alcuni strumenti musicali usati da riportare in Italia e mi trovavo nelle vicinanze del Museo Ghibli - posto del cuore dove ho versato molte lacrime non figurate, ma questo è un altro discorso. A sud della stazione di Kichijoji, dalla parte opposta rispetto all’Inokashira Park dove si trova Ghibli, c’è un distretto commerciale che ospita tra gli altri la mega-catena dell’usato Hard Off, conosciuta soprattutto per le console vintage, ma che in quella sede è specializzata in strumenti, come puoi vedere qua sopra - per la cronaca, ho comprato un flauto di bambù shinobue, che prima o poi spero di imparare a suonare. All’ultimo piano del negozio c’era però anche un settore dedicato ai dischi usati e non ho resistito alla tentazione di dedicargli almeno 15 minuti. Nonostante non abbia trovato affari straordinari ho speso poco, per gli standard dei negozi italiani: devi sapere che qui ¥2000, cioè 12 euro, è una cifra già altissima per un LP usato, a quanto ho potuto valutare dalle mie prime esperienze in negozi di dischi; se proprio non sei di fronte a una rarità, magari in condizioni più che eccellenti, ¥1000 è già tanto, ma sarebbe meglio non sborsare più di ¥500 (3 euro). In ogni caso, sono stato contento di aver speso “tanto”, perché ho beccato uno dei pochi album che conoscevo e che non mi sarebbe dispiaciuto portare a casa, specie in una copia pressoché perfetta come la mia: 太陽にほえろ!'80 di 井上堯之バンド, フリー・ウェイズ ovvero, Taiyo ni Hoero! ‘80 (tipo Ulula o Ruggisci al sole! ‘80) di Takayuki Inoue Band con Free Ways. Di cosa si tratta? Jazz-funk frenetico e poliziottesco, colonna sonora della omonima serie TV Taiyo ni Hoero (stagione 1980, evidentemente) suonata come se ne andasse della vita di un ostaggio, che morirà per mano di un orrendo criminale se il funk smetterà di slappare per un solo secondo.
Molto bene, ma non ero qui per questo. Avevamo altri piani per la giornata, e per quanto sia stato contento di questo “incidente di percorso”, dopo aver dedicato mezz’ora al centro commerciale dei musicofili, siamo andati a grattare la pancia di Totoro e a proseguire con i nostri tragitti. Che dovevano nuovamente convergere sulla musica.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Pucci per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.