PiG 3: Osaka
Pucci in Giappone: come si fa una music city, il condominio dei negozi di dischi, due scoperte nel posto più inatteso
Devi sapere che non sono un grande crate-digger: per l’azione combinata di ansia, sindrome dell’impostore ed effettiva incompetenza, mi manca l’intuizione del grande acquirente di dischi. O forse, è che non ne compro abbastanza, che è da tanto tempo che ho smesso di acquistarli regolarmente e come se non fosse un evento eccezionale. C’entra lo streaming, c’entra il potere d’acquisto, c’entra cosa sono diventati i negozi di dischi in Italia, cioè una riserva, un’ultima barriera di fronte all’oblio delle fonti materiali. Forse è per questo che ascolto tutto: sono stato abituato, formato, indotto ad ascoltare tutto. Per questo, in negozio ho bisogno di consigli e dritte per orientarmi e poi, eventualmente, risalire la corrente a partire da lì.
Ma quando sei in un negozio di dischi di un Paese del quale non parli la lingua? E se veramente e prevedibilmente non hai una competenza sufficiente nell’area musicale di cui si occupa il negozio stesso? Anche perché stai cercando - appunto - di portarti via con te un pezzetto di conoscenza? Insomma, c’è bisogno di una strategia. E io l’ho trovata nel luogo più ovvio possibile, ma proprio banale banale, mentre facevo ricerche su Osaka e sui suoi negozi di dischi: il sito osaka.com. Un articolo sull’eccezionale scena di negozi di dischi della città conteneva cinque consigli di assoluto buon senso, alcuni dei quali già parte della mia pratica di acquisto. Li voglio condividere qui con te per la tua prossima ricerca musicale:
Non spendere mai più di 500¥1 per un album
Non comprare mai un album che hai già sentito
Giudica sempre un album dalla copertina
Se un negozio non ha un cestone dei dischi in offerta, vattene
Se non rischi, non troverai mai una perla
Come dicevo, norme di buon senso. Che mi sono ripromesso di applicare - ma ho talvolta violato - per arginare l’abbondanza di scelte che Osaka ti pone di fronte: una vertigine commerciale che rischia di farti perdere di vista l’obiettivo finale, divertirsi e portare con te a casa parte di una cultura.
Benvenutə al terzo episodio di PiG, cioè Pucci in Giappone, una serie in cui provo a capire qualcosina della musica dal lato degli ascoltatori nel Paese che ospita il mio viaggio di nozze. Gli episodi sono riservati agli abbonati a pagamento che hanno sostenuto il mio lavoro in questo primo anno di newsletter. Puoi leggere questo e gli altri post riservati con un abbonamento omaggio se fai iscrivere altre persone usando il link qui sotto (dove c’è scritto Invita un amico), oppure puoi leggerlo attivando per una settimana il periodo di prova (non preoccuparti, se poi cancelli non mi offendo). In ogni caso, grazie del supporto e buona lettura!
Come dovrebbe essere una music city
A Osaka la musica è dappertutto. Sarà che è un città godereccia, ma mi sembra una vera music city. Nel piazzale che unisce la stazione della metropolitana di Umeda alla stazione centrale di Osaka, ogni sera sentiamo qualcuno esibirsi (tendenzialmente roba pop a malapena decente, ma una sera c’è un duo di folkerine mica male). A Dotonbori, il “Naviglio” locale2, becchiamo un duo attempato composto da MC e vocalist intenti in una versione giapponese di Stan di Eminem.
Poco distante da lì, ad Amemura, un DJ fa volare sui piatti ad alto volume un pezzo West Coast mentre la migliore approssimazione locale di Snoop Dogg (cioè, uno con il fisico del compianto Franchino) ballonzola sulle caviglie. Dall’altra parte del canale, un gelataio si impunta sull’idea di far ascoltare agli avventori Let It Be nella sua interezza - versione originale con lo zampino di Phil Spector, si intende. Un posto che vende piante ma pure pizze, ma pure vestiti, ed è anche co-working (non vende dischi, però) pensa bene di dedicare la sua vetrina alle copertine dei Blur, con tanto di affiliazione ufficiale di Warner Music UK, non una roba a caso.
Perfino nel nostro albergo la musica è ovunque, pure quando non ci fai caso: il nostro onsen interno alla struttura si premura di farci sapere che la colonna sonora chill che sentiremo durante i nostri bagni caldi è stata composta dal più rinomato autore di musica per impianti termali (non sapevo esistesse questa categoria).
Osaka ha una quantità di venue dal vivo indipendenti esorbitante per una città che non è la capitale del suo Paese, né il centro della discografia: le trovi soprattutto a Shinsaibashi, una zona centro-meridionale molto cool che torneremo a visitare tra poche righe, e quasi non ci fai caso mentre le incroci una dietro l’altra, tutte brulicanti di attività, concerti pomeridiani finiti da poco, concerti serali in preparazione, e così via. La venue più straordinaria la incontriamo alla fine di Namba, il quartiere subito sotto, a sud: si chiama Namba Hatch ed è l’edificio che ho messo in cima come copertina del post. Namba Hatch sembra un disco volante, nella notte3 di Osaka, mentre si riflette sul fiume nel suo quartiere figoso e beverino di Minatomachi: dentro ci fanno concerti rock, pop e jazz per due platee di 1500 posti in totale, e le consumazioni costano 4 euro - e si scusano per aver dovuto alzare il prezzo (se facessimo un paragone con l’Italia, qui, ci sarebbe da piangere). Ieri sera a Namba Hatch ha cantato Jorja Smith, ma io ero svariate centinaia di chilometri a nord-est, e insomma mi sono ripromesso di tornarci. A questo giro non avevamo in programma di sentire concerti (ricordo sempre che sono in viaggio di nozze) ma se avessimo cercato, avremmo senza dubbio incrociato una densità di eventi straordinaria per le dimensioni del luogo (rispetto alla capitale, intendo). Piccole sale concerto, club incistati nel tessuto urbano o piazzati dentro centri commerciali: la musica live è ovunque. Camminando per strada potresti incontrare gruppi di fan accalcati fuori dai portoni che aspettano l’uscita di un idol, pure nelle dimensioni umane di un locale cittadino - ho l’impressione che in questa cultura pop le dimensioni da cui siamo ossessionati in Italia siano relativamente ininfluenti. Insomma, una miriade di luoghi per eventi musicali, senza contare gli auditorium e i teatri che sono adibiti a questa programmazione (e tralasciando arene e stadi, dove comunque i tour megalomani passano, se girano in Giappone). Una venue particolare, che esiste anche a Tokyo e Yokohama, e che voglio citare è Billboard Live: a Osaka si trova nella zona dello shopping e dello struscio di Umeda, vicino alla stazione centrale. Ovviamente associata alla rivista americana, quest’iniziativa si lega a sua volta alla pubblicazione di un mensile free press che trovi in tutti i negozi di dischi (dove stiamo arrivando), che contiene calendari di eventi (live e release party), articoli, annunci. Viene facile fare i paragoni con Milano, città peraltro gemellata con Osaka da più di 40 anni (qualunque cosa significhi) e dove si pubblica ugualmente un’emanazione di Billboard: magari scambiarsi i buoni esempi sarebbe una cosa giusta perché, fatte le dovute proporzioni (Milano è grande la metà), ci sarebbe molto da imparare. Ma ora parliamo di dischi.
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