Venti Ventiquattro dischi belli: pt. 1
20 dischi italiani usciti nel 2024. Che poi sono di più.
Il 2024 è stato un anno di gioie e sbattimenti mescolati in modo caotico. Ma ora parliamo di musica. In Italia, in generale, come si sta? Bella domanda, ma la stai chiedendo alla persona sbagliata. Io trovo sempre qualcosa che mi piace - per questo, di molti dischi che vedrai ho già scritto ampiamente1. Eppure, i venti album che sto per elencare hanno realizzato qualcosa di speciale: farmi schiacciare play una seconda volta, una terza, e così via. Mi soffermo su venti dischi, ma se arrivi fino in fondo vedrai che ci sono molti altri titoli. Se hai tempo, dagli una chance. E intanto, metti su la playlist dove ho raccolto un po’ di canzoni di questi dischi - c’è anche su Apple Music.
Ti ricordo che fino alla fine delle feste c’è un’offerta per l’abbonamento annuale, e che è stato cambiato il livello “sostenitore” con qualche extra vantaggio (ti mando un libro, di base, se mi scrivi). Per il resto, anche se ti iscrivi gratis sono felice.
1. Arianna Pasini, Verso una casa
La semplicità e la sintesi sono virtù che mi mancano. Per questo, quando le sento in una scrittura ed esecuzione musicale, resto a bocca aperta. Arianna Pasini mette insieme parole come se tutte le altre fossero finite (“sono scivolata per l’ennesima volta dallo stesso burrone”), le incatena come se non esistesse altra possibile conseguenza logica (“poi sei arrivato tu”) ma atterra su soluzioni aperte (“se l’epilogo non è lo stesso allora riportami su”): sarà per questo che c’è qualcosa di profondamente emo nella sua economia linguistica (“Che ne sarà del mio compleanno?”, Settembre); ma pure musicale, perché con quella chitarra arpeggia, crea risonanze, apre e chiude, in una maniera che potrebbe risultare fuori luogo, viste le dinamiche delicatissime del suo arrangiamento alt-folk-elettrico parecchio sghembo. In generale, è un disco pieno di cose minuscole: il synth e il rumore di posate di Ancora; la pioggia di Spettatrice. Ma ha il pregio di non farsi intrappolare dai dettagli: c’è sempre una direzione (in basso), un tema ricorrente (la protezione), e questi bastano a rendere Giganti anche cose piccine, anche canzoni che a volte potrebbero sembrare lasciate a metà (no, c’è tutto). Mi ero ripromesso di non scrivere nuove recensioni in questa rubrica di fine anno, ma Verso una casa per me è un disco immenso anche perché mi stimola il muscolo dell’ascolto ogni volta che lo rimetto su. Arianna Pasini è un talento straordinario, e questo è un miracolo di album.
2. Any Other, stillness, stop: you have a right to remember
Facile dare per scontato il talento di Adele Altro, visto lo standard di qualità e di dedizione alla sua musica mostrato negli anni. Ma questo terzo LP, a ben sentire, non assomiglia così tanto ai precedenti. I meandri delle melodie con angoli a gomito ti fa pensare alla Any Other del passato (e a Jim O’Rourke, Fiona Apple, Angel Olsen). Ma nella musica c’è una sottigliezza ricchissima, fatta di contrappunti continui. Se presti un minimo di attenzione, si apre come un ipercubo.
3. Emma Nolde, NUOVOSPAZIOTEMPO
Un’artista prima di tutto è una personalità che esige e guadagna la tua attenzione, grazie a un carisma che è difficile riassumere in una formula - e te lo dice uno che campa spiegando le canzoni. Un cantante canta, un artista ti dice qualcosa: forse dovremmo distribuire l’etichetta con più cura. Emma Nolde ti dice qualcosa, e tu ascolti rapito, al di fuori di target, età, generi, pregiudizi. Fortuna vuole che abbia da condividere non solo osservazioni oziose o pagine di diario, per quanto la sua scrittura abbia la curiosità delle prime e la freschezza naïf delle seconde: e invece, sono punti di vista e interrogativi vitali su come spendiamo le nostre vite, che diventano ancora più pressanti se conti il fatto che di vita, Emma, ne ha moltissima davanti, quasi certamente più di te e di me. Da non trascurare: Tuttoscorre è uno dei grandi pezzi italiani del 2024.
4. Coca Puma, Panorama Olivia
La scuffia della primavera, un disco nu-soul/nu-jazz alle proprie condizioni, aperto da uno dei grandissimi pezzi italiani dell’anno (Tardi). Anche dal vivo, quando l’ho sentita in Triennale, Costanza Puma in arte Coca dimostra pienamente a suo agio dentro la melassa scura delle sue melodie labirintiche e dei suoi giri d’accordi irrituali, dove sarebbe così facile perdersi. Altroché, la bussola funziona benissimo: altrimenti come avrebbe fatto partire quel breakbeat alla fine di Non ci penso, che funziona così bene anche se non te l’aspetti. Si sente che ha ascoltato Frank Ocean, ma anche Gal Costa e Tame Impala: e comunque riesce ad avere qualcosa di unicamente suo. Dopo anni di retorica sul concetto di “pancia”, dopo i miti romantici sull’immediatezza della musica fatta da chi non ha studiato ma ha “il fattore X”, in Italia stanno tirando su la testa artisti preparati e con qualcosa da dire. Un nuovo fenomeno.
5. Maria Chiara Argirò, Closer
Elettronica fluttuante, che disorienta eppure ti guida come un faro che brilla nel buio. Non finirà mai di stupirmi come soltanto l’uso saggio di progressioni e tempi, spazi pieni e vuoti, refrain e aperture, possano descriverti con accuratezza gli stati d’animo e perfino le storie di un’artista.
6. Generic Animal, Il canto dell’asino
Quante volte ancora dovremo ripetere che Luca Galizia è un talento speciale? Nelle mani di Generic Animal anche il dettaglio più triviale diventa illuminante. Mettici anche uno dei bangeroni tristanzuoli del 2024 (Bobby Ballad) e un duetto pensato come un piccolo dramma teatrale con Marta Del Grandi (Karaoke). Piccolo capolavoro.
7. Simone Matteuzzi, Invito per colazione
La risposta italiana a DOMi & JD BECK? Forse no, ma questo disco grazioso, saltellante, tragicomico, sapiente non mi ha stancato mai. Chicca assoluta.
8. Porta D’Oro, Così dentro come fuori
I dischi così (a bassa fedeltà, esistenzialisti, alienati) non finiscono più tanto nelle classifiche di fine anno, o sbaglio? Non importa. Per me è una perla di post-punk e dub marcio, lo-fi e spoken word che ti guarda dentro, ti mangia in un boccone e ti risputa fuori masticato.
9. Tamburi Neri, La notte
Un incubo incantevole dal quale non ci si vuole risvegliare. Elettronica densa come la pece, che vorrebbe ricordarti l’effetto che hanno sulla psiche le notti passate intensamente fino all’albeggiare. Un delirio che continua con gli occhi aperti, quando gli spoken word e i rumori ambientali colgono una realtà tutt’altro che notturna.
10. Bulgarelli, Fat Animals
Le etichette e i paragoni mi mettono in difficoltà. Principalmente perché mettono in luce la mia abietta ignoranza. Ma se con la toponomastica ho qualche problema, con la topografia ne ho zero: so benissimo da quale parte del cuore sta un disco come questo esordio strepitoso. Emotivo e storto, ma anche giocoso come i mille contrappunti strumentali che intesse.
11. Evita Polidoro, NEROVIVO
Un disco jazz ma anche slow-core. Già questo potrebbe bastarti, se sei fan delle ibridazioni bizzarre. Oltre questa premessa c’è un gruppo di musicisti in stato di grazia (cito Davide Strangio, Nicolò Francesco Faraglia, Ruggero Fornari, Stefano Bechini, oltre a Polidoro); un focus e una forza fuori dal normale; la capacità di dipingere con e senza le parole. Potente.
12. Sxrrxwland, Anima macchina
La reunion che l’Italia aspettava era quella dei Club Dogo. Quella di cui forse c’era più bisogno, per tirare una conclusione sulla generazione cresciuta online e ormai arrivata alla soglia dei 30 disperata e dipendente, è quella dei Sxrrxwland. Il rumore di un mondo che crolla.
13. Lamante, In memoria di
Un disco urlato e vulnerabile, perché sa quando scuotere tutto e quando prendersi un respiro. Pericoloso come una bestia ferita. Per chi non si rassegna a passare per vittima per quanto ne abbia passate di cotte e di crude. Personale e universale, perché non è solo Lamante (Giorgia Pietribiasi) a spettinarci coi suoi polmoni, ma un intero battaglione di strumenti in cui spesso, non a caso, spiccano i fiati - gran co-produzione di Taketo Gohara. E poi Non chiamarmi bella è un pezzone.
14. Post Nebbia, Pista nera
Un disco post-punk italiano che fa esattamente quello per cui il genere esiste: fotografare il declino di una società. E mettendo insieme kraut e musica brasiliana, infilando le mani dentro il ventre molle dell’immaginario italiano riesce, incredibilmente, a non sembrare la brutta copia di un gruppo inglese.
15. Lepre, Eremo
“Quando arriva il limite, vorrei solo un abbraccio”, dice Lepre (Lorenzo Lemme) pochi secondi prima della fine, e viene giù tutto. Un disco così, che suona come un esaurimento nervoso, ha per forza la mia ascia. Ci ho sentito dentro Alessandro Fiori, Bugo, Giovanni Lindo Ferretti. Il rumore delle crepe e di un intelletto curioso che ci si infila in mezzo.
16. Go Dugong + Washé, Madre
Musica ancestrale per tempi futuristici o musica incredibilmente attuale per tempi veramente primitivi? Un progetto a metà fra l’Italia e il Venezuela, ma che punta molto più in alto, nell’etere dove siamo solo esseri umani, senza distinzioni.
17. Disquieted By, Pet Of The Week
Valeva la pena aspettare dodici anni per prendersi queste sventole in faccia. Punk a forma di punk. Rock’n’roll a forma di rock’n’roll.
18. Assurdité, DUMBA
L’indie pop in Italia è una miniera dalla quale è stata estratta ogni possibile risorsa, e genuini talenti di scrittura sono andati sprecati perché, alla fine, a chi fa schifo la sicurezza economica nel periodo più incerto di sempre per essere un artista? Ma sentire un disco così ti fa credere ancora in questa caccia all’oro.
19. I Hate My Village, Nevermind The Tempo
La prima volta che ho sentito il secondo disco del gruppone di Viterbini, Rondanini, Fasolo e Ferrari sono andato in fissa con le chitarre sahariane. Ma più mi capitava di tornarci, più mi pigliavo bene anche per le cose più dritte (Erbaccia, Artiminime… dritte, poi, è un eufemismo). Alla fine si torna sempre alle chitarrone.
20. Clauscalmo, Passo Monteluna
La collina da cui scende la melodia di Patti chiari. Come si sviluppa A metà. Il tocco sulle corde della chitarra. Gli ottoni e i legni che portano un soffio d’aria. Ci sono molte ottime scuse per innamorarsi del nuovo album di Clara Romita in arte Clauscalmo. Ma se dovessi riassumerlo in un concetto, direi questo: dentro ogni canzone sembrano battere due cuori, uno ansioso e uno pacato, così che anche dal verso più innocente, cantato con delicatezza infinita, si proietta un’ombra inquietante. Un disco che è cresciuto di ascolto in ascolto, e quindi tanto vale portarselo dietro anche nel 2025.
Fuori per un pelo
Un paio di dischi, che ho avuto meno tempo per ascoltare (sono usciti due settimane fa) meritano due mini-recensioni. Considerala un’estensione illegale della Pucci Weekly. E una violazione del limite arbitrario di 20 dischi che mi ero imposto.
21. Whitemary, NEW BIANCHINI
Se dovessi scegliere una persona sola in Italia che tiene unita in maniera non banale la musica da club e il pop d’autore2, probabilmente punterei tutto su Whitemary. Perché ha un dominio quasi soprannaturale delle miriadi di parti di cui può essere composta una produzione elettronica, e sa quando farle scorrazzare, ma anche quando asciugare tutto e arrivare al punto.
22. Guinevere, To All The Lost Souls
L’album d’esordio (dopo un EP dell’anno scorso) di Ginevra Battaglia, in arte Guinevere, ti rapisce con il suo alt-folk che visita un jazz confidenziale, una colonna sonora, un rock tragico senza smarrirsi quasi mai. La produzione, curata dall’artista con Damon Arabsolgar e Matteo Pavesi, è di una precisione estrema nel contenersi quando deve ed esplodere quando non ce la fa più (i cori gridati di Generational Fear), sempre con grande equilibrio e gusto. È fitto fitto di cose e suoni (anche ambientali), ma suona spazioso, forse anche per la voce minerale di Guinevere.
Menzioni speciali
Visto che la cifra di 20 dischi è stata già superata ampiamente, tanto vale citare altri album che mi sono piaciuti ma per diverse circostanze non sono arrivati dove avrei voluto trovarli. Il primo di questi è Sulle ali del cavallo bianco di Cosmo, che non ho capito a lungo, perché non ne ho colto subito l’immediatezza. Un altro disco che è migliorato dopo un paio di ascolti è MAYA di MACE: ho dovuto abituarmi un po’ ad alcuni vocalist - non dirò mai quali.
Il tempo, poi, quando ti riprometti di ascoltare tutto è un altro fattore importante: ho ancora un paio di album grossi usciti intorno al mio viaggio di nozze che devo completamente recuperare3, per esempio. Tra i dischi che non ho ascoltato quanto avrei voluto: Sprecato di James Jonathan Clancy; Amore e salute dei Fitness Forever; Elsewhere di Alsogood; Estradas di Nídia & Valentina.
Infine, venerdì sono usciti due album grossi, ma solo a uno ho potuto dedicare del tempo: È finita la pace di Marracash e a Casa Gospel di Mara Sattei e thasup. Del primo, se ti va, ho scritto un’analisi a caldo per Fanpage; il secondo, fammi sapere com’è.
Tredici EP
Per questa lista mi sono basato su quello che Apple Music definisce EP: se non sei d’accordo, prenditela con Apple.
Ainé, Buio ➡️ un nodo nelle viscere che il nu-soul può sciogliere
Anna and Vulkan, Andare, Tornare ➡️ dal funk alla melodia, sa fare tutto
Bassolino, Città futura ➡️ il suono di una Napoli che esiste
Brando Madonia, Inverno cenere ➡️ pop in giacca di velluto e piantino
Cheriach Re, Radici ➡️ alt folk modernissimo e profondo come un taglio
Corinna, Linea di confine ➡️ una visione elettronica e feroce da un enigma
Donato Dozzy, Magda ➡️ un album di famiglia senza parole e senza foto
Ele A, Acqua ➡️ dalla Svizzera la promessa del rap con swag e testa
HÅN, fuori dalla stanza ➡️ primo lavoro in italiano di una voce incantevole
HER SKIN, every house is haunted ➡️ alt-folk deliziosamente malinconico
iako, apriti grattacielo ➡️ pop elettro-cubista con un buco nel cuore
Kilian, Pioggia Ultra ➡️ beat spezzati per anime spezzate dallo spleen
Yaraki, Piazza Samba ➡️ il nuovo pop italiano potrebbe essere già qui
Il resto della long list
Addict Ameba, Caosmosi
Anna Castiglia, MI PIACE
brividee, hidden segreto
Clio M, Tabula
Festa Del Perdono, Società mentale
Francesca Bono, Crumpled Canvas
Kiwi666, Y
Mahmood, Nei letti degli altri
Memento, ) ) ) echo ( ( (
Mondaze, Linger
Niglio, Penombra
Palmaria, Ora
Riviera, Sempre
Shiva Bakta, Ghost
Skelets On Me, Gazzaladra
Tiger! Shit! Tiger! Tiger!, Bloom
Vale LP, Guagliona
Non metto i link per non allungare ulteriormente la mail, ma sai dove trovare tutto.
il tema potrebbe risultarti familiare, perché ne abbiamo parlato la scorsa settimana
prova a indovinare quali
Bella selezione sullo stato dell’arte della musica italiana lontana dal mainstream. Ne ho visti diversi dal vivo nell’arco dell’anno. La speranza è che si possano ascoltare sempre più nella dimensione live.
Azzo, molti non li conosco proprio e devo recuperarli, ma che chicca Così dentro come fuori dei Porta D’Oro!