Cosa ascolteremo nel 2025
Dieci previsioni sulla musica dell'anno nuovo e alcuni temi di cui parleremo
L’anno musicale è iniziato, molto male, con la morte di Paolo Benvegnù - lascio a
le parole più sentite e precise che riguardano l’impatto di questo gigante del cantautorato italiano sulle nostre vite. La musica, in generale, non è ancora ripartita. Perciò siamo qui, intontiti, davanti al camino di Neil Young (vedi sotto) a chiederci cosa sarà di questo futuro molto incerto. Quindi, ancora ripieno di influenza e gallina lessa, provo a guardare tra le faville incandescenti per divinare cosa ci aspetta nel 2025. E dopo, ti anticipo alcune storie che seguirò quest’anno su Pucci. In mezzo, se presti attenzione, ci sono i nomi di artisti che pubblicheranno (forse) i migliori dischi del 2025. Tu fai partire il camino, e seguimi.1. La musica locale sempre più rilevante potrebbe farci riscoprire radici
Negli ultimi anni il rap ha smesso di essere il genere più popolare e trainante della musica americana, e ha lasciato il comando al country. Se pensi che la classifica annuale 2024 della Billboard sia stata l’anticamera della vittoria di Trump alle elezioni, lascia che ti presenti la Billboard year-end 2023 che era altrettanto piena di roba “rurale” e “della tradizione”, e prova a non fare facili equivalenze tra gusti musicali e tendenze politiche. La differenza del 2024 è che sul carro del country sono salite popstar come Post Malone e Beyoncé e che Shaboozey ha avuto un singolo country in vetta per 19 settimane: cioè, che una serie di persone che non si sentivano vicine al genere, ci si sono accostate. Il che conferma che anche la terra dell’eccezionalismo deve arrendersi a certe regole universali. Tipo, che viviamo dentro camere d’eco musicali nelle quali ascoltiamo quello che ci risulta più familiare.
Lo notiamo in Corea del Sud, dove gli idol più affermati si occidentalizzano per andare meglio da solisti nel resto del mondo (vedi il successo straordinario di APT. di ROSÉ delle Blackpink), ma così spesso perdono terreno in patria, lasciando spazio a chi continua a coltivare l’eclettismo k-pop. In qualche modo, il pop dovrà fare i conti con queste controtendenze. Non so se per esempio torneranno in auge vecchi generi tradizionali (anche il revival ppongjjak del k-pop non ha ancora lasciato un impatto solido): dopotutto, non tutte le industrie musicali nazionali hanno conservato un centro di produzione/distribuzione/comunicazione del locale come gli USA con Nashville, dove si è sempre prodotto tanto carburante del motore pop. Ma questo potrebbe avere altre ricadute. Tipo.
2. Il rap sarà sempre meno rap
In America il rap è in crisi perché è il genere cosmopolita per eccellenza, l’ultima grande esportazione culturale americana che abbia attecchito (no, i film dei supereroi se li continuano a fare da soli). Ma ognuno ha il proprio rap: i gusti sono globali, le abitudini sono locali. Così, tanti grandi mercati (come la Francia, la Germania e l’Italia) sono saturati dal rispettivo rap nazionale: non c’è altro spazio di crescita, e forse il 2025 vedrà risbucare la consuetudine discografica di puntare sulla novità (o almeno sulla novelty). Non necessariamente in contrapposizione al rap.
In effetti, l’abbiamo già visto accadere almeno dal 2022: nel revival italo-disco; nel rinascimento napoletano; nell’esplosione internazionale di un gruppo rock italiano; e, più in generale, nell’allontanamento dal bum-chà di tanti rapper in circolazione, tra chi fa basi techno e chi come Marracash riscopre il pop dei genitori. Il rap italiano è diventato una bestia diversa dal rap americano, e la divergenza evolutiva si allargherà nel 2025. Insomma, prevedo buone cose per i progetti crossover.
3. Breakbeat per spezzare la noia e italo-touch al tramonto della wave dance-pop
La musica che si rifà a club e rave culture propenderà sempre più verso i tempi composti e i ritmi spezzati di breakbeat e jungle, che già si sono fatti sentire in molti bei progetti mainstream e alternative nel 2024 in tutto il mondo (Nia Archives, Empress Of, Erika de Casier, NewJeans). Con nuova musica di PinkPantheress e dei FCUKERS all’orizzonte, ho l’impressione che quest’influenza resterà rilevante: la ragione è che quel tipo di beat permette di liberarsi dalle gabbie del 4/4 che sembrano stare sempre più strette agli ascoltatori.
Nel frattempo, nel paese dei balocchi chiamato Italia, stiamo sentendo sempre più roba pop modellata sui suoni della house francese: l’ultimo deludente disco di Liberato pubblicato a capodanno e il buon singolo di Marco Mengoni prodotto e scritto con Calcutta sono due esempi recenti. Può darsi che la wave dance-pop revivalista a oltranza che ha flagellato le classifiche italiane negli ultimi cinque anni arriverà al culmine incoronando proprio una musica che aveva fatto della celebrazione frattale, labirintica, modulare del passato un’arte raffinatissima: sarebbe una degna conclusione di questa fase, in attesa della prossima.
4. Il pop si complicherà e noi ci guadagneremo
Là fuori è pieno di artisti di formazione jazz che stanno influenzando la palette sonora della canzone popolare, un pezzetto alla volta. Sta succedendo anche in Italia, dove forse tra programmi dei conservatori e industria musicale si è trovata una linea diretta - io ho messo nella classifica finale Coca Puma, Simone Matteuzzi ed Evita Polidoro, per fare solo tre esempi. Ecco, è ora che sia lasciata loro tutta la libertà possibile e si aprano loro le porte di tutti i songwriting camp possibili, magari prendendo a modello l’ultima incarnazione di WILLOW, che è piaciuta a molti1, e inseriscano qualcosa del loro DNA timbrico, tonale, ritmico nel mainstream.
Ma se parliamo di palette sonore ci sono altre divertenti possibilità all’orizzonte. L’acclamazione generale per brat potrebbe aver segnato un punto di non-ritorno per l’hyperpop, che posso immaginare sempre più influente a livello sonico e meno come luogo d’incontro tra internet e rave culture. L’ondata shoegaze/slowcore/zoomergaze, di cui si è parlato tanto all’inizio dell’anno scorso, potrebbe aver portato nuovi suoni, nuovi tempi e nuove strutture. E nuove durate, Insomma, credo che ci sarà da divertirsi per chi vuole un po’ di “prog” nel suo pop.
5. Torneranno le chitarre (di nuovo?)
Quante volte l’abbiamo detto? Ogni anno. Ma se vedo l’ascesa globale di Lola Young (il cui album mi piacque abbastanza), o se provo a misurare l’approvazione diffusa per gli album di Lamante ed Emma Nolde qui da noi, vedo qualcosa che non si può riassumere in un claim alla Virgin Radio o in un qualche altro pensierino da nostalgico del boomer rock. Ed è logico, perché il rock di oggi è in buona salute, che venga o meno rapinato dal pop.
Molti dischi con le chitarre hanno avuto grande spazio e approvazione critica unanime o quasi nel 2024: da Romance al ritorno dei Cure; dal fenomeno Mk.gee2 a quello Cindy Lee. Penso che sia il momento ideale per fare musica con le chitarre, se sei comunque ben consapevole del fatto che viviamo nel XXI secolo. Nel disco di Lola Young, tornando a lei, avevo sentito una serie di elementi stilistici tutt’altro che banali, avvolti in una scrittura sicura: krautrock e dub; post-punk rugginoso e jangle etereo; shoegaze light e hard soul. Tutta roba scelta con cura, cucita intorno ai pezzi con sensibilità e gusto, senza calcare la mano sul pastiche ma anche senza timidezza. Chi riuscirà a usare le chitarre nello stesso modo naïf, divertito, massimalista farà grandi cose.
6. Le donne continueranno a dominare (nel resto del mondo)
Nel 2024 Doechii è stata la rivelazione del rap, Chappell Roan del pop: entrambe raccoglieranno grandi soddisfazioni e si spartiranno il grosso degli allori nel 2025. L’album di Ethel Cain in uscita tra pochi giorni farà grandi cose. FKA twigs potrebbe avere in tasca un gran disco, a fine mese. Mi aspetto un exploit per la rapper inglese John Glacier, nuove cose buone per Samia e Foushée, mentre Lana Del Rey entrerà nel mito e forse Lady Gaga ci regalerà una comeback story mica male (vedi sotto al punto 10). E poi, Rosalía ha promesso che tornerà con un nuovo album, e magari lo farà anche Lorde. Insomma, il 2025 è già prenotato da una serie imponente di artiste.
E in Italia? Potrebbe essere l’anno del primo album di Ele A? Madame ha lavorato molto dietro le quinte e potrebbe farsi sentire? Il sample di Bluem dentro il disco di Marracash potrebbe contribuire a darle una meritata passerella? Il Festival potrà consacrare Joan Thiele? Tutto molto probabile e non solo3, ma poi sappiamo cosa ci dicono i dati: che gli italiani ascoltano i maschi. E allora dovremo valutare tutto questo al netto dei numeri - ma alla fine, anche chi se ne frega dei numeri.
7. Sanremo inizierà la sua parabola discendente
Questa è una di quelle previsioni che mi tormenterà fra un mese, vero? Ma stammi a sentire: dati di ascolto e di engagement alla mano si potrà argomentare che no, la kermesse è sempre in ascesa e che niente fermerà la festa. E invece, credo che a partire da questa edizione risulterà sempre più evidente che l’ultimo quinquennio d’oro è stato causato più dalla vitalità della (bolla della) musica e dalla capacità di intercettarne la forza, che non dalla visibilità della TV.
Al di là delle sensazioni, però, sono i numeri a dirci anche che Sanremo è in fase di stanca. Basta vedere il numero di esordienti in rapporto agli artisti in gara: dal 2019 al 2024 questa quota era circa del 50%, mentre quest’anno solo 8 su 30 big sono alla prima partecipazione, circa il 25%. L’espansione è finita, siamo alla gestione dell’esistente. Ci sarebbero altri numeri da valutare, tipo la quantità di partecipazioni recenti che danno la sensazione di déjà vu a un evento, ma avremo tempo e modo per valutare anche questi fattori. Per ora, tira un’aria stantia, di carrozzone con dentro di tutto e la voglia segreta che parta un polemicone per attirare gli sguardi. Se le canzoni non saranno strepitose, ci sarà da riconsiderare seriamente la portata del Festival.
8. Il modello Tiny Desk Concert sarà sempre più importante
Come dice Matty Healy in una lunghissima (e a tratti delirante) intervista da Joshua Citarella, il tuo disco preferito probabilmente ti ha fatto schifo la prima volta che l’hai ascoltato. Dentro questo folle rigurgito continuo di content che è diventata la discografia, è facile trovarsi a pensare la stessa cosa per le canzoni. Quindi? Se un artista crede molto in un singolo, è meglio che ci dia qualche scusa per ascoltarlo e riascoltarlo finché non presteremo attenzione: se ci pensi, è così che funziona la “promozione” su TikTok, attraverso la riproposizione che rende perfino una canzone di Aphex Twin.
Ma se non vuoi affidarti all’algoritmo, puoi provare con due strumenti che nel 2024 hanno fatto miracoli: il remix e il live-in-studio. Il primo è stato co-responsabile della brat summer, usato in maniera inesorabile e inevitabile come ha fatto Charli XCX. Il secondo ha spinto le ascese vertiginose delle già citate Chappell Roan e Doechii, entrambe ospiti di Tiny Desk Concert. Nei dodici mesi passati questo format ha raggiunto l’apice della sua importanza e non faccio fatica a immaginare che nel 2025 andrà allo stesso modo: con un Tiny Desk (o anche una Boiler Room, come dicevo qui), un artista può controllare la permanenza della sua musica nelle attenzioni collettive. Insomma, quest’anno mi aspetto di vedere piani di uscita dei dischi (che restano dio, come dice giustamente Jack Antonoff) che passeranno di default dagli uffici di NPR.
Come si applica questo in Italia, dove format di questo genere nascono e muoiono ogni giorno e il sistema mediatico musicale è al collasso? Se fossi in un’etichetta discografica, me li produrrei da sola. Tutto pur di dare al pubblico la chance di ascoltare per la seconda volta la loro futura canzone del cuore.
9. La monnezza AI-generata non smetterà di scorrere, ma i fan migliori saranno quelli che prenderanno posizione
Purtroppo i multimiliardari del mondo vogliono ancora convincerci di aver trovato la macchinetta segreta che porrà fine a tutti i nostri lavori creativi. Per questo, vedremo e ascolteremo roba generata con intelligenze artificiali furfantesche qui e là, tra copertine, videoclip e tanta altra roba irrimediabilmente brutta. Il già citato Liberato e il suo regista del cuore Francesco Lettieri si sono vantati di essere stati benedetti dalla santa mano di OpenAI che ha concesso loro la grazia di usare SORA per fare quell’incubo in apnea che è il video di Turnà. (Non lo linko perché non merita nulla, lascio che sia la tua voglia di farti del male a condurti su quel contenuto cursed).
Non sono nessuno per dissuadere un artista dal desiderio di associare il suo nome al simbolo delle brutture capitaliste eco-irresponsabili della nostra epoca, di affiancarsi a una tecnologia usata da nonne-buongiornissime, boomer-memisti e gente dell’alt-right, di partecipare all’estetica che ha già reso un buco nero questi anni delle nostre vite. Ma le fanbase mature saranno quelle che diranno «no, grazie, che è ‘sto schifo?». Come hanno fatto i fan dei Tears For Fears. In Italia non sono sicuro che ci sia ancora la preparazione culturale e ideologica al tema di dibattito, e alle probabili ramificazioni legali. Ma di giurisprudenza non mi intendo, mi fermo dove so: queste robe fanno schifo, e ne vedremo ancora molte.
10. La faccenda degli artisti-fantasma di Spotify si farà molto seria
In fondo, un artista che ti prova a vendere un video fatto con AI non sta dicendo che non ha nessun interesse nel tuo gusto? Ecco, penso che sia la stessa cosa emersa (nuovamente) con la faccenda degli artisti-fantasma su Spotify. Tra pochi giorni esce il libro di Liz Pelly da cui è stata tratta quest’inchiesta sulle pratiche scorrette di Spotify per quanto riguarda la produzione interna di musica “da sottofondo”. Come dico nelle card qui sotto, secondo me la questione si fonda su un principio: puntare sulla nostra distrazione, sull’idea che non valiamo niente come ascoltatori e quindi non meritiamo nulla.
Secondo me è ora di dire basta. Non so ancora prevedere come questa cosa prenderà forma, ma qualcosa succederà. Del resto, se sapessi tutto quello che ci aspetta, dove sarebbe il divertimento di scrivere una newsletter?
Di cosa parleremo su Pucci nel 2025
Quindi, finisco con un paio di annunci, buoni propositi e obiettivi personali per questa newsletter nel 2025.
Pucci Weekly tornerà (fra una settimana) con alcuni cambiamenti che verranno presentati nel primo numero dell’anno, ma posso già rassicurarti che dopo il record personale di 5mila artisti ascoltati l’anno scorso, toglierò il piede dall’acceleratore e non mi ostinerò a coprire tutto. Chi volesse più aggiornamenti sulle nuove uscite discografiche può iscriversi al canale Telegram di Pucci che terrò legato alla Weekly e in generale a notizie e release.
Poi, ti anticipo i titoli e gli argomenti di nove storie a cui sto lavorando:
Che fine ha fatto il pop per adulti - ovvero, quando le mode per adolescenti smetteranno di influenzare gli ascolti di un occidente geriatrico
Perché le tribute band sono un grande affare - ovvero, una ricognizione di come il cosplay del passato pop e rock si è intrufolato nei grandi cartelloni
Canta, pagliaccio parte tre - ovvero, altre intersezioni fra musica e commedia negli anni ‘20 (qui la parte 1 - qui la parte 2)
La nostalgia è finita - ovvero, come la retromania non basta più per spiegare il presente eterno dell’era dello streaming
Il Muppet Show era un paradiso per i musicisti - ovvero, la retrospettiva musicale sul varietà dei Muppets che avevo in programma da un pezzo
Contro l’economia della distrazione - ovvero, la mia reazione alla lettura del libro Mood Machine di Liz Pelly (vedi sopra)
Cos’ho imparato ascoltando tutti i dischi dei miei genitori da adolescenti - ovvero, un’esperienza di recupero e interpretazione dei gusti di due teenager degli anni ‘60
Le canzoni non cambiano il mondo - ovvero, alcuni ragionamenti sulla ricerca di un timone morale nella roba che ascoltiamo e gli effetti della musica sulla psiche
50 anni di musica a Saturday Night Live - ovvero, una nuova retrospettiva musicale su SNL in occasione del suo cinquantesimo anniversario, concentrata stavolta sui musical guest (qui la prima storia, dedicata agli sketch)
Inoltre, a un certo punto, arriverà un’indagine a puntate a cui tengo molto, dedicata alle nuove voci della divulgazione musicale: cioè, gli influencer e content creator che stanno pian piano emergendo. Vorrei comprendere da dove arrivano, dove vogliono andare (per questo intervisterò chiunque sia interessato) e quali possono essere i limiti e i vantaggi della loro divulgazione basata su video in un ecosistema mediatico sempre più rumoroso - e che quindi può minacciare il godimento della musica stessa.
Infine, quest’anno i post mensili riservati agli abbonati a pagamento saranno dodici approfondimenti monografici su artisti, non necessariamente super-popolari o “storici” (insomma, probabilmente saranno tutti viventi), possibilmente non anglofoni, per i quali ho molta curiosità: mi studierò con cura la loro discografia completa, leggerò tutto quello che trovo su di loro, cercherò di ricostruire lo spettro delle loro influenze musicali e proverò a invogliarti ad ascoltarli (con apposite playlist). La serie si chiamerà Chi è e cominciamo a gennaio con il brasiliano Tim Bernardes (quindi “Chi è Tim Bernardes”) e poi vediamo dove si va.
Non è finita, perché per la seconda metà del 2025 prevedo altre novità. Ma intanto grazie di essere qui anche quest’anno.
molto meno della sua fase emo, se vogliamo essere onesti
previsione a pié di pagina: thaSup pubblicherà un disco come Two Star & The Dream Police prima della fine di questo decennio
spoiler: ho ascoltato in anteprima un disco molto bello che uscirà quest’anno, di un’artista italiana che qui abbiamo già elogiato
Aspetto la cosa dei Muppet con un entusiasmo gigantesco (grazie per la menzione <3)